Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/270

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paradiso

Qual si lamenta perché qui si muoia Per viver colassù, non vide quive Lo refrigerio dell’eterna ploia. 27 Quell’uno e due e tre che sempre vive, E regna sempre in tre e due e uno, Non circonscritto, e tutto circonscrive, 30 Tre volte era cantato da ciascuno Di quelli spirti con tal melodia, Che a ogni merto sana giusto muno. 33 E io udii nella luce più dia Del minor cerchio una voce modesta, Forse qual fu dell’Angelo a Maria, 36 Risponder: quanto fia lunga la festa Di Paradiso, tanto il nostro amore Si raggerà d’intorno cotal vesta. 39 La sua chiarezza seguita l’ardore, L’ ardor la visione, e quella è tanta, Quant’ ha di grazia sovra suo valore. 42 Come la carne gloriosa e santa Fia rivestita, la nostra persona Più grata fia per esser tutta quanta. 45 Perché s’accrescerà ciò che ne dona Di gratuito lume il Sommo Bene; Lume che a lui veder ne condiziona; 48 Onde la vision crescer conviene, Crescer l’ardor che di quella s’accende, Crescer lo raggio che da esso viene. Ma sì come carbon che fiamma rende, E per vivo candor quella soverchia Sì, che la sua parvenza si difende; Così questo fulgor, che già ne cerchia,