Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/519

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canto

XXX. 09

Che, come Sole il viso che più trema, Così Io rimembrar del dolce riso La mente mia da sè medesma scema. 27 Dal primo giorno ch’ io vidi il suo viso In questa vita infimo a questa vista, Non è il seguire al mio cantar preciso: 30 Ma or convien, che il mio seguir desista Più dietro a sua bellezza poetando, Come all’ ultimo suo ciascuno artista. 33 Cotal, quale io la lascio a maggior bando Che quel della mia tuba, che deduce L’ardua sua materia terminando, Con atto e voce di spedito dLlce Ricominciò: noi semo usciti fuore Del maggior corpo al del ch’è pura luce; 39 Luce intellettual piena d’amore, Amor di vero ben pien di lelizia, Letizia che trascende ogni dolciore. 42 Qui vederai l’una e l’altra milizia Di Paradiso, e l’una in quegli aspetti Che tu vedrai all’ ultima giustizia. Come subito lampo che discetti Gli spiriti visivi, sì che priva Dell’ atto I’ occhio dei più forti obietti; 48 Così mi circonfulse luce viva, E lasciommi fasciato di tal velo Del suo fulgor, che nulla mi appariva. Sempre l’amor, che queta questo Cielo, Accoglie in sè così fatta salute, Per far disposto a sua fiamma il candelo. Non fur più tosto dentro a me venute