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[v. 61-69] | c o m m e n t o | 285 |
sua tasca ne la quale avea arrecato da mangiare per sè, e per la serva sua ch’avea menato seco, perchè non era licito a’ Iudei di mangiare le cose dei Gentili. Et uscita fuora del pavillione, disse a le guardie: Io sono mandata dal signore ne la città con certa risposta de l’ambasciata che io li recai; et ora dorme, lassatelo riposare. E giunta a la porta di Bettulia si fece aprire, et andò ai principi de la città, e mostrò loro lo capo d’Oloferne; unde confortato lo populo uscitte fuora de la città la mattina col capo d’Oloferne in su una asta. Et assalito lo campo, li sconfisseno e misseno li Assiri in rotta; e così fu liberata la città da la superbia d’Oloferne, che li volea pur subiugare a Nabucodonosor, per la virtù di Giudit. E però dice lo testo: Mostrava; cioè la scolpitura, com’in rotta si fuggiro Li Assiri; che erano sotto Nabucodonosor, poi che fu morto Oloferne; da Giudit, Et anco le reliquie del martiro: mostrava la scolpitura; cioè lo capo d’Oloferne in su l’asta portato da Iudei. E questa s’induce qui per quella cagione, che l’altre ditte di sopra.
C. XII — v. 61-69. In questi tre ternari lo nostro autore finge che. vedesse la destruzione di Troia scolpita ne lo spasso preditto, perchè li Troiani funno superbi, e per la loro superbia fu disfatta la loro città et arsa da’ Greci. Questa istoria è sì nota, che non è mestieri descriverla, et anco n’è fatto menzione di sopra ne la prima cantica e però la lasso. Commenda ancora l’autore l’artificio. Dice adunque così lo testo: Vedea; io Dante scolpita ne lo spasso de la prima cornice, Troia; come ditto fu di sopra. Troia è nome di tutta la contrada, e ponsi per la città, o forsi che anco la città fu chiamata Troia, come Ilion fu la rocca di Troia; et alcuna volta si pone per la città tutta, secondo che usano li Poeti; e Frigia fu lo nome de la regione, sicché Ilion fu in Troia, e Troia in Frigia minore; in de la maggiore è la Sinirra, in cener e in caverne; poiché cusì era scolpita quivi, arsa e cavernosa. O Ilion; ecco che esclama l’autore, meravilliandosi che la grandessa di Troia venisse in tanta bassezza, e questo fece la superbia; e però dice: O Ilion; cioè o città troiana, come te basso e vile Mostrava ’l segno; cioè come parea basso e vile quello segno scolpito, che lì; cioè lo quale in quil luogo, ti discerne; cioè ti figura! Quel di pennel; ora commenda l’artificio de la scolpitura dicendo Quel; cioè quello: potrebbe anco dir lo testo: Qual; cioè qualunqua, di pennel fu maestro; cioè fino dipintore, o di stile; cioè o disegnatore con stilo ne le taule, Che; cioè lo quale, ritraesse; cioè cavasse da quella scolpitura; e nota che propriamente si dice ritraere: imperò che l’apprensiva apprende, e poi che àe appreso l’obietto, ricava di dentro da sè, e produce fuora l’appreso, l’ombre; cioè l’ombrature che erano in quelle scolpiture, e li atti; cioè scolpiti in quello mar-