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346 | p u r g a t o r i o xiii. | [v. 139-154] |
afferma sè dovere sodisfare 1 ora in tutto, nè si dovere vivere per innansi che niente resti a sodisfare.
C. XIII— v. 139-154. In questi cinque ternari et uno versetto lo nostro autore finge come Sapìa lo dimanda de la guida sua, e come elli li risponde, e come ella lo prega che preghi per lei e che porti buone novelle ai suoi di lei; et all’ultimo tocca lo vizio comune de’ Senesi, dicendo così: Et ella; cioè Sapìa, dicendo così, disse: a me; cioè Dante: Chi t’à donque condotto; cioè chi è stato tua guida a menarti, Quassù tra noi; cioè in questo balso, se giù ritornar credi; cioè nel balso primo de la superbia? Et io; cioè Dante, rispuosi: Costui ch’è meco; cioè Virgilio, e non fa motto: però che secondo la lettera non è introdutto in questo ragionamento a parlare Virgilio. E vivo sono; dice Dante di sè, e però mi richiedi, Spirito eletto; ecco che si proferisce a Sapìa, e chiamalo Spirito eletto, perchè chi è in purgatorio è de li eletti, se tu vuoi ch’io mova Di là per te ancor li mortal piedi; cioè se tu vuoi ch’io vada per te ad alcun luogo: e dice mortal piedi, a denotare che anco non era morto. Oh! questa è sì ad audir cosa nova; questo Oh è intergezione che significa ammirazione, e però la pone a denotare che Sapìa si meravilliò di ciò, che Dante fusse vivo ancora et andasse per lo purgatorio e dovesse anco tornare al mondo, Rispuose; cioè Sapìa, che gran segno è che Dio t’ami: però che, se non fossi ne la grazia di Dio, non potresti far questo. Però col prego tuo talor mi giova; cioè aiutami alcuna volta col tuo prego che fi’ 2 valevile, che Dio esaudisce li preghi di coloro che sono in sua grazia. E chieggioti; io Sapìa, per quel che tu più brami; ecco l’osservazione, Se mai calchi più terra di Toscana; cioè se mai ritorni più in Toscana, Che a’ miei propinqui; cioè ai miei parenti senesi, tu ben mi rinfami; cioè mi dii buona fama, dicendo loro dove tu m’ ài trovata, che forsi credeno ch’io sia in perdizione. Tu; cioè Dante, li vedrai; cioè li miei parenti, tra quella gente vana; cioè senese: perchè sia detta vana fu dichiarato ne la prima cantica nei canto xxix, Che spera in Talamone: Talamone è uno castello in sul mare dov’è lo porto chiamo 3 lo porto a Talamone, et è de’ Senesi: nel quale porto li Senesi ànno grande speransa, gredendo 4 per quello di venire grandi omini in mare, forsi come li Genovesi o li Veneziani; ma quello porto è poco usato, perchè non è in buono sito di mare et è in fermo et è molto di lunge da Siena, sicché mercanzie non v’ànno corso; e però adiunge l’autore: e perderalli; cioè la gente senese in quil porto Talamone, Più di speranza; ecco la vanità; avere