Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/362

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   352 p u r g a t o r i o   xv. [v. 46-57]

posita a la invidia: imperò che ’l misericordioso àe compassione a chi à male; e lo invidioso è lieto del male altrui; sicchè questo finge l’autore che fusse cantato di rieto a loro a commendazione e confortamento di chi à, purgatosi de la invidia, come avea fatto elli, e; Godi tu che vinci; similmente finge che fusse cantato di rieto a loro, similmente per confortamento e commendamento: Godi tu che vinci; li peccati purgandoti d’essi; e questo è ne la fine del ditto evangelio, quando dice: Gaudete et exultate in illa die, quoniam merces vestra copiosa est in cœlis; sì che bene dè godere chi vince li vizi, pensando sì fatto premio, quale Gesù promisse. Lo mio Maestro; cioè Virgilio, et io; cioè Dante, soli ambedue: imperò che niuno altro era con noi, Suso andavam et io; cioè Dante, pensai, andando, Prode acquistar ne le parole sue; cioè di Virgilio. E dirizza’mi a lui; per porgere in verso lui lo parlare, sì dimandando; cioè così: Che volse dir lo spirto di Romagna; cioè messere Guido del Duca, E divieto e consorte mensonando; cioè quando disse di sopra: O gente umana, perchè poni ’l core Dov’è mistier di consorte divieto? E questo finge l’autore, non perchè non sapesse che voleano significare le ditte parole; ma per dirvi suso altre notabili sentenzie, le quali finge che li dica Virgilio; cioè la ragione sì, come apparrà nella parte che seguita.

C. XV — v. 46-57. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Virgilio li dichiara le ditte parole di sopra da messere Guido, dicendo: Perch’elli; cioè Virgilio, a me; cioè Dante, rispuose, s’intende: Di sua maggior magagna; cioè di suo maggior peccato, Cognosce ’l danno; cioè lo detto messere Guido; e per questo dà ad intendere ch’elli avea anco altri peccati; ma più quello de la invidia che li altri, e però non s’ammiri; cioè l’omo non si meravilli, cognoscendo ora la sua offesa, Se ne riprende; ora altrui: imperò che n’àe coscienzia, perchè men sen piagna; cioè perchè meno vi si pecchi: imperò che quelli del purgatorio ànno carità perfetta, e vorrebbeno ch’ogni uno fusse santo e buono. Et ora rende la cagione unde si muove la invidia, sicché prima dichiarò perch’elli finse che facesse messere Guido la predetta esclamazione, et avale rende la cagione per che finse che le dicesse nella preditta forma, ponendo divieto e consorte, dicendo: Perchè; cioè: imperò che, s’appuntano i vostri disiri; cioè s’assottilliano li desidèri di voi omini, Dove per compagnia parte si scema; cioè in quil bene che non si può aver tutto, se con altri si partecipa; e però dice che per compagnia parte si scema, Invidia move l’ mantaco; cioè lo pulmone che è mantaco del cuore, et attrae e mette fuora l’ aire, ai sospiri; li quali si muoveno per lo dolore che cagiona la invidia nel cuore umano, quando vede ch’altri abbia parte di quil bene ch’elli vorrebbe tutto, Ma se l’amor de la