Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/586

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la fantasia1 di visitare lo inferno, lo purgatorio e lo paradiso e che li fusse mostrato: imperò che questo tempo, secondo che finge, nel 1300, passato ch’elli avea lo 35° anno2 de la sua età; e questo inamoramento, fu poi, secondo che ora finge che Bonaiunta liel annunziò, inanti che fusse; e però dice: Tu te n’andrai; cioè tu, Dante, te n’andrai e tornerai al mondo, con questo antivedere; cioè con questo annunzio, ch’io t’ò fatto ora del tuo inamoramento e questo è quello ch’io mormorava diansi colà, Se nel mio mormorar; ch’io feci dinansi, prendesti errore; tu, Dante, Dichiareranti ancor; di quil ch’io t’annunzio, le cose vere; cioè li effetti che seranno veri. Ma dì; tu, Dante, s’io; cioè se io Bonaiunta, veggio qui; cioè in questo luogo, colui che fore; cioè fuori, in pubblico, Trasse le rime nove; cioè di certe cansoni morali, le quali Dante avea fatto et era stato trovatore di sì fatta rima; ma Bonaiunta credea che fusse stato altri, incominciando; cioè quelle cansoni: Donne, ch’avete intelletto d’amore, Io vo’ con voi de la mia donna dire, Non per ch’io creda sua lode finire ec. Questa è una cansone, che già Dante con molte altre avea fatto, inanti che s’inamorasse a Lucca de la donna ditta di sopra. E come appare a chi legge quelle cansoni con intelletto, tutte dimostrano l’amore che Dante ebbe alla santa Teologia, la quale elli chiama Beatrice, de la quale s’inamorò infine ne la sua puerizia, come apparrà di sotto nel processo, e similmente de le virtù cardinali e teologiche, sicchè ben si conviene loro lo nome di cansoni morali, e non è nessuna che faccia menzione de lo suo inamoramento di quella da Lucca; ma in questo luogo n’à fatta menzione, per fare chiaro ogni uno, che leggerà lo suo libro, che ’l suo amore fu onesto considerando che quelle cansoni funno fatte inanti che s’innamorasse di quella da Lucca; e lo innamorare di quella da Lucca fu per li suoi belli costumi e per la sua virtù, la quale piaceva a lui siccome all’omo virtuoso. Seguita, rispondendo a la dimanda: Et io; cioè Dante rispuosi, s’intende, a lui; cioè a Bonaiunta: Io; cioè Dante, mi son un che, quando Amore; cioè de la virtù, spira; ne la mia mente, noto; la sua spirazione, et a quel modo Che ditta; cioè l’amore, dentro; cioè ne la mente, vo; cioè vado, significando; cioè dimostrando co le parole; e questo dice, secondo che il Filosofo dice; cioè: Voces sunt earum, quæ sunt in anima, passionum notæ; sicchè onestamente dimostra ch’elli era colui, ch’avea trovate le nuove rime.

C. XXIV — v. 55-63. In questi tre ternari lo nostro autore finge come Bonaiunta, avuta la risposta da Dante, manifesta la cagione per la quale elli non potette intrare, nè anco altri dicitori nel nuovo stilio3 di Dante, lo quale non avea anco veduta; ma ora la comprese

  1. C. M. questa fantasia
  2. C. M. li xxxv anni
  3. C. M. stilo