Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/666

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   656 p u r g a t o r i o   x x v i i. [v. 109-123]

chierò; cioè quando io esaminerò e considererò ne la1 coscienzia, che è lo specchio d’ogni uno2, quali fiano l’opere mie, qui; cioè in questo prato di fiori, cioè in questa vita virtuosa piena di vari atti virtuosi, m’adorno; cioè adorno me d’essi fiori, cioè esempli et atti virtuosi, Ma mia suora Rachel mai non si smaga; cioè non si cessa e non si sepera, Dal suo ammirallio; cioè da la sua contemplazione mentale, e siede tutto giorno; cioè sempre si riposa e sta in quiete la vita contemplativa, a la quale non si viene se prima non precede l’attiva. Ell’è; cioè ella, cioè Rachel è, vaga veder; cioè di veder, coi suo’ belli occhi; cioè co la ragione e co lo intelletto, li quali sono acuti e belli e contemplativi, Com’io; cioè Lia sono vaga, de l’adornarmi co le mani; cioè coll’opere virtuose. Lei; cioè Rachel, appaga lo vedere; cioè lo considerare, e me; cioè Lia appaga, cioè contenta, l’ornare; cioè fare l’opere virtuose.

C. XXVII — v. 109-123. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come, svelliato venuta già l’alba del di’ quarto, Virgilio confortandolo li predisse che tosto perverrebbe al sommo bene, lo quale ogni omo desidera; per la qual cosa fu fatto desiderosissimo del sallire, dicendo così: E già per li splendori antelucani; cioè per li splendori che vegnano innanti a la luce del Sole, inanti che esca fuora lo Sole, Che; cioè li quali splendori, tanto ai peregrin surgen più grati; cioè a coloro che sono in viaggio fuora di casa loro si levano più graziosi e piaceno più, quanto sono più presso a casa loro dove sperano tosto iungere; e però dice: Quanto tornando albergan; li pellegrini, men lontani; cioè meno dilungi da casa loro, Le tenebre; cioè de la notte, fuggian da tutti lati; cioè del cielo per li splendori preditti, E ’l sonno mio con esse; cioè fuggia insieme co le tenebre, cioè che venne lo chiarore, così mandò via lo sonno, ond’io; cioè Dante, leva’mi; da dormire di su lo scalone in piede, Veggiendo i gran Maestri; cioè Virgilio e Stazio, cioè la ragione e lo intelletto ch’era già disposta a procedere più alto, già levati; cioè di su li scaloni u’ s’erano posati, secondo la lettera. Virgilio usò queste cotali Parole verso me; cioè Dante. Ecco che induce Virgilio annunzianteli la sua felicità e beatitudine; e però che la ragione dimostra che, fuggiti li peccati e purgati co la penitenzia, si viene a beatitudine in questa vita per grazia, e di po’ la vita per gloria, e però finge ch’elli dica: Quel dolce pomo; cioè lo sommo bene, che; cioè lo quale, per tanti rami; cioè per tante vie e per tanti studi, Cercando va la cura de’ mortali; cioè la sollicitudine de li omini; unde Boezio: Bonum est quod tam diversis studiis homines3 putant, libro iii Philosophicæ Consol. — , Oggi porrà in pace le tuo’ fami: imperò che

  1. C. M. nella mia
  2. C. M. uno la coscienzia, quali siano
  3. petunt,