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CANTO VI. - 83 di padre e di figlio è nel roema ialino cosa più santa dell’amore di donna, neil’iialiano questa donna elevata sopra tutte le cose mortali e tutte le umane idee, fatta imagine della eterna contemplazione, e la gloria che in lei si riflette è tanto più alta della gloria d’Enea quanto Roma cristiana di Roma pagana, anzi l’universo tutto di Roma; e quanto de’carmi sibillini la parola di Gesù e di Giovanni. Ma perchè in tanta altezza, a quanta non s’era mal levalo poeta, non si poteva costantemente tenere l’imitatore di Virgilio, l’uomo di parte, infoscalo l’anima spesso o da odii crudeli o da dolori superbi o da non degni amori; le conlradizìoni al poema non mancano; e conlradizioni sono, chi ben riguarda, anco certe malaugurate conformità. Per esempio, in questo Canto accennasi in due luoghi al passo di Geremia, laddove dell’Italia donna (li Provincie, e di Roma, che piange vedova, sola: ma lasciando stare che questa Roma è della cosa d’Arrigo di Lucemburgo, e ch’ella piange perchè questo Arrigo non la accompaqna; in una lettera latina, parlando, forse simbolicamente, della morte di Beatrice, citansi i Treni medesimi del profeta Geremia. E cosi i Treni paiono l’anello che lega in questo Canto Sordello il poeta iracondo, l’amante e rapitore della sorella d’Ezzelino con la pura e mansueta e umile Beatrice. Senonchò quelle che ai più paiono conlradizioni negl’ingegni e nelle anime singolari, talvolta sono semplici contrapposti, originali dalla potenza e dal bisogno di comparare più o meno felicemente le Idee disparate, e di più o meno legittimamente congìungerle. Di contrapposti si compiace e la natura morale e la corporea, e la scienza e l’arte; dacché chi non vede le differenze, non vede neanco le conformità; e chi non sa da lontano chiamare a sé e imperiosamente stringere le idee sparse e ’vaganti, non otterrà altro mai che triviali e impotenti consonanze d’alletti e d’idee. In questo Canto vediamo da una similitudine famigliare il Poeta passare ad accenni storici che pigliano Toscana e Romagna e Brabante; poi da una sentenza di Virgilio, a proposito di Palinuro piloto, salire a una delle più ardue questioni che agitano e acquetino lo spirito umano; e, dopo un’aspirazione d’amore tra terreno e celeste a Beatrice, venire la dipintura viva e vera d’un cittadino poeta; e l’amore della verità essere via all’amore di patria, e l’amore far più acuto Io sdegno, e lo sdegno più pungente il dolore, e il dolore il sorriso più amaro; e da una vincila al giuoco, il pensiero attraverso a memorie d’omicidio e di lagrime, attraverso al monte ■del Purgatorio e all’Italia e alla Germania, cadere sopra un letto ove giace una inferma che non conosce il suo male, E con dar vòlta suo dolore scherma. Sordello, del Mantovano, d’un castello ch’ha nome Coito; gentil cattano: fu fivvinenie omo della persona, e grande amatore. Ma molto egli fu scaltro e falso verso le donne e verso i baroni da cui elH slava. E s’intese in madonna Cunizza sorore di ser Ecceliuo e de ser Alberico da Romano ch’era moqliera del come de S. Bonifazio. E per voloiiiate de ser Eccelino elli involò madonna Cunizza, e menollavia U). Altri narra il fatto altrimenti. Ma Sordello fu certamente valoroso poeta provenzale; e rime di lui conservansl nel Codice Vaticano. La sua canzone in morte di Blacasso, vigorosa poesia scrina nel uso. fu stampata da Giulio Perticari, ed è canzone politica al modo di certe invettive di Dante. Molte favole raccontansi di Sordello: le più certe notizie trasse dal suoi versi Claudio Fauriel, dotto delle cose {ì) Un coramcnto inedito.