Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu/106

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PREFAZIONE CIII

un odore di mammole, un odore di giacinti e di rose ne trabocca; è un nettare, un’ambrosia, e di fragranza tutta riempie ogni capace stanza. Questo, nei gai convivi, ai nostri cari daremo, e il Pepareto agli avversari. Ed ora il tesoro incomincia davvero ad essere impoverito. Cioè no. Vi brillano d’incomparabile luce molte perle sgranate di Aristofane. Ma la figura di questo poeta non dobbiamo ricostruirla faticosamente su miseri frammenti: essa ci balza incontro piena di colore e di vita dalle undici sue commedie conservate incolumi alla nostra ammirazione. ’’’ E qui vorrei, non già mettere in luce i pregi di questo « impertinente beniamino delle Grazie », ma rilevare la sua modernità; vorrei, se potessi, togliere al lettore qualsiasi paurosa prevenzione. Antiquato, Aristofane? Lontano da noi? Potrebbe sentir così solo uno spirito imbevuto di rancidità libresca. Cambiate il nome a quel Cleone, a quel Socrate, ad Agatone, a Cinesia, a Clistene, ai mille scimmiotti ghignanti nella gran selva dell’opera aristofanesca, e vi sembrerà che il divino calvo abbia scritto ora, e alluda a fatti e a persone che ci vediamo d attorno. E attuale parrà la sua opera sempre, finché vi saranno demagoghi impudenti, stolti guerrafondai, dilapidatori del pubblico erario, filosofi acchiappanuvole, scienziati cerretani, poeti asini e presuntuosi, finché la chiacchiera trion