Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu/119

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8 ARISTOFANE

uccelli, — il cui ufficio, esorbitante dal materiale svolgimento dell’azione, è di avvolgere questa in una vaporosa atmosfera di poesia. Altre Volte lo rende vero coro dell’azione immaginata. Cosi-avviene nelle Donne alla festa di Dèmetra e nelle Rane. Questo spediente è dal lato artistico assolutamente ineccepibile, e potrebbe senz’altro ricorrervi il più raffinato drammaturgo dei giorni nostri. Il terzo mezzo, più radicale, e che doveva avere larghissima eco in tutta la posteriore tradizione drammatica, è di alterare fondamentalmente il carattere del Coro, di frangerne la malagevole unità arcaica. Aristofane ci arriva, almeno per quanto vediamo noi, solo in una delle sue ultime commedie, nelle Donne a Parlamento. E ne riparleremo. I due personaggi principali degli Acarnesi, Diceopoli e Lamaco, appartengono in fondo anch’essi al vecchio repertorio (vedi Prefazione). Diceopoli è il bifolco, e ricorda per molti lati la pittura teofrastea. Vero è però che neppur mancano i segni speciali che lo contraddistinguono attico puro sangue. Lamaco è il solito rodomonte. A chiacchiere, ammazza mezzo mondo. Ma poi si lascia scorbacchiare da Diceopoli, gli porge la penna del proprio elmo perché ci si stuzzichi la gola, e l’elmo stesso capovolto perché ci vomiti. Quando si apparecchia alla guerra, pensa più che ad altro a far lucido Io scudo: pare Pirgopolinice. Appena entra in campo, va per le terre e si massacra: allora poi a dire del suo tirapiedi, cominciano le sue gran prodezze. Ma al fine dell’azione, in scena con le proprie gambe non ci può tornare: così è sempre intervenuto a tutti i Capitan Fracassa. Le altre circostanze indispensabili a intendere la commedia si espongono nelle note: nelle varie introduzioni alle altre commedie, dove meglio se ne porge il destro, tratto