Pag. 236, v. 2. - Il teaio dice: chi conosca il modo orilo: una
melodia composta da Terpandro, e divenuta popolarissima. Atione, diceva
la leggenda, la crfntò prima di gittarsi in mare (Erodoto, 1, 2, 4). Arignòto era un citaredo abile ed amato da tutti. Di lui e delle prodezze
di suo fratello si ragiona anche nei Calabroni.
Pag. 236, v. IO. - Non sapremmo identificare con precisione questi
due; ma dal contesto si vede bene che gente dovevano essere.
Pag. 236, v. 12. - Perché chi non prova abbastanza ripugnanza per
simile inventore, si può sospettare usufruisca dell’ invenzione.
Pag. 236, v. 22. - Cleonimo è paragonato a un topo che s’introduce in una madia. Circa la esegesi di questo luogo, vedi Origine ed
elementi, p. 256.
Pag. 237, v. 2. - Iperbolo è il celebre demagogo fabbricante di lucerne.
Nella sua megalomania voleva mandare cento triremi a conquistar Cartagine.
Pag. 237, v. 8. - Naufanta, figlia di Nausone, dice il testo: supposti
nomi di una trireme e di suo padre, fabbricati sulla parola nàus = nave.
Pag. 237, v. 9. - Invece che di carne e d’ossa.
Pag. 237, v. 13. - Nel testo è un’anfibologia simile a questa.
Pag. 238, v. 1. - Si aspetterebbe: da ogni rumore, da ogni grido. Ma
Aristofane punge anche una volta la mania dei suoi concittadini pei processi.
Pag. 239, v. IO. - Le conchiglie venivano spesso adoperate nei processi, per le votazioni. Vincipiazza vuol dire che Popolo s’è corretto
della nota passione tribunalesca.
Pag. 242, v. 5. - Invece di una pietra: un viaggio e due servizi.
Pag. 242, v. 13. - Nomignolo dei marinari che sedevano di continuo
sulle dure panche delle navi.
Pag. 243, v. 3. - 11 noto vigliacco che gittò lo scudo; presumibilmente egli si sarà fatto cambiar di ruolo per non andare in campo.
Pag. 243, v. 6. - L’allusione è oscura; Clistene e Stratone erano
due viziosi effeminati.
Pag. 243, v. 13. - Feace era parlatore di qualche efficacia, sostenuto dalla ragazzaglia. Nella scimmiottatura di Popolo sono parecchie
indecenti allusioni.
Pag. 245, v. 3. - Anche nel testo Popolo adopera un verbo calatrlaconlutizeln, di sua fabbrica, nel quale si allude alla speranza che la
tregua abbia a durar trent’anni.