Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) II.djvu/275

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272 ARISTOFANE

Ili ARISTOFANE Pag. 45, v, 3. - Il cinedo già punlo negli Acarnesi. Pag. 45, V. II. - 11 sofista di Ceo, maestro dello stesso Socrate; e nessuno ignor^ quanto alla salisse la fama di lui. ’ Pag. 45, v. 14. - Le peculiarità qui ricordale sono fra i pochi tratti della commedia che ricordano il vero Socrate. E. a parte I esagerazione comica, li troviamo confermati, meno il primo e l’ultimo, in vari luoghi d’autori antichi, e specialmente in Platone (Fedone, 117 b.Fedro 229a Simposio, 174 a, etc.). Pag. 46. v. 7. - Le confutazioni e affermazioni filosofiche poste in bocca a Socrate saranno in gran parte derivate dal libro -Della natura, di Anassagora, filosofo naturalmente tanto poco simpatico ad Aristofane quanto ammirato da Euripide. Pag. 47, v. I. - I popolani di Roma insegnano ancora ai bimbi dottrine simili a questa. Pag. 47, v. 11. - Lesina crede che Vortice sia una persona in carne ed ossa. Pag. 47, v. 12. - Glie l’ha invece spiegato; ma Lesina non ha capito nulla. A meno che non si voglia ravvisare in questa inconseguenza una traccia del rifacimento (v. introduzione alla commedia). Pag. 48. v. 6. - Non si vogliono dimenticare le parole di Seneca in confutazione delle dottrine democritee: « quomodo in nostri» corporibus fit inflatio, quae.... ventrem interdum cum sono exonerat.... sic putanl et hanc magnam rerum naturam alimenta mutantem emittere spiritum » (Quaest. Nat., V, 4, § 2). Pag. 49. v. 6. - È il Teoro di cui si parla negli Acarnesi. Nei Calabroni è punto come parasita di Cleone. Pag. 49, v. 16. - Feste celebrate fuori delle mura, nel mese Antesterio, in onore di Giove Meilichio. Pag. 53. v. 13. - M allontano dal lesto, per rendere in qualche modo un intraducibile giuoco di parole. Pag. 55. v. 7. - Lesina crede che Socrate si accinga a bastonarlo. Pag. 55, v. 9. - Chi entrava in casa altrui per cercare oggetti furtivi, doveva sulla soglia deporre le proprie vesti. Pag. 56, v. II. così terribile era l’antro di Trofonio (in Lebadea di Beozia), che si diceva chi vi fosse disceso non potesse rider più