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LE DONNE ALLA FESTA DI DEMETRA 209



euripide

Care vergini, care
— Come accostarmi, come quello Scita ingannare? —
M’odi tu, m’odi
tu, che ripeter godi
le voci entro gli spechi?
Concedimi che presso quella donna io mi rechi!

mnesiloco

Pietà non sente chi me di vincoli
strinse, il più misero d’ogni mortale!
Sfuggita a mala pena la rancida
vecchia, spacciato son tal’e quale:
ché questa guardia scita, me, tapino e negletto
dagli amici, esponeva qui, dei corvi a banchetto.
Canta con espressione comicamente patetica.
Vedi? Né fra le vergini
mie compagne, né a danza avvien che inceda
col cestello dei voti; ma esposta in duri vincoli
io sono, all’orca Verdazzurro in preda.
O donne, non d’imene
1 cantici, ma l’ululo
che a captiva conviene
levate. Al fondo, o misera,
scesa d’ogni rovina —
o tapina, tapina, tapina I —
piango lo strazio che i miei parenti
feron di me,
ahimè, ahimè!,
e quel mortale imploro, fra le lagrime
e i funerei lamenti,
Aristofane - Commedie, IV - 14