Mentre gli animi erano ancora prostrati dall’orrendo lutto
di Sicilia, la guerra del Peloponneso riavvampava furiosa, e
le sciagure succedevano alle sciagure, senza tregua. I Lacedèmoni prendevano Decelea, i Chioti tradivano, Mileto
accoglieva le flotte del Peloponneso, la Ionia e l’Eolide,
Lesbo e Rodi venivan meno a l’alleanza. Ricominciavano
le mene d’Alcibiade per la ricostituzione del partito oligarchico. Per ricostruire la flotta, si dovè intaccare la riserva di
mille talenti, deposta nel Partenone al principio della guerra.
Da quando s’erano aperte le ostilità, Atene mai non aveva visti
giorni così neri. E certo non c’era da sperar troppo nei pròbuli,
specie di comitato di salute pubblica, nominati in quel frangente a rialzar le sorti della patria.
Aristofane tentò anche una volta quanto può il poeta:
sfiorare i duri muscoli (e magari percòterli) col verso alato.
E mandò sulle scene, a propugnare la pace, una donna. Ma
Lisistrata, benché donna, ha buon discernimento. E le sue
varie perorazioni sono spesso tanto serie, profonde, nobili,
quanto ridicolo, pur nella sua efficacia, è il mezzo da lei scelto
per convincere i mariti.
La composizione della Lisistrata è ottima. L‘ occupa