parte di quel gran tempio a bello studio venisse eretta, salvo mio errore, a tal uopo dagli antichi imperatori, soliti a governare clementissimamente i sudditi, ed a procacciar mezzo di perdono ai delinquenti. Se non che l’ostiarlo del tempio indugiò ad aprire le imposte, volendo sapere da prima chi elle si fossero e donde ne venissero, cui altri della comitiva rispose: Donne; dall’Asia; le quali consumato il viatico affrettansi di eseguire l’adorazione loro per retrocedere prestamente alle proprie case; ed egli senza far replica disserrò le porte.
XVII. Il dì vegnente l’imperatore, udita la fuga de’ Comneni, passa a ragunare il senato e ad aringarlo, forte inveendo, come ognuno può imaginare, contro il gran domestico. Manda poscia non so chi Straboromano ed altro di nome Enfemiano alle matrone coll’ordine di ricondurle seco al palagio. Ai quali Dalassena: Riferite, disse, all’imperatore che i miei figli non la cedono ad uom al mondo in rispetto ed ossequio verso la maestà sua, e ne hanno dato sufficienti pruove esponendosi del miglior grado per lui a malagevolissimi perigli ed imprese. Mercè di che i nemici loro mal comportando il suo affetto verso di essi non desistettero unquemai dall’insidiarli, giunti a tanto di stabilire ed apprestarne l’accecamento. Per la tema dunque d’una punizione che sapeano ottimamente, puri da reità comunque, di non aver meritato, e costretti dalla necessità di evitare il sovrastante pericolo, e’ si ritrassero da queste mura senza nutrire il menomo pensiero di sedizione. Laonde fedelissimi li ha tuttavia, e questo