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bastonato Calfurnia, una specie d’indovina, che non gli aveva dato una spiegazione soddisfacente di un suo sogno. L’oltraggiata Calfurnia si vendica sparlando di lui con la Nuccia e inducendo Marco Pepe un altro degli Sgherri romaneschi, a sfidar in duello l’odiato bastonatore. Marco Pepe è vinto gloriosamente da Meo, e Calfurnia è aspramente inguriata da quello e percossa in malo modo da Nuccia, indignata di tanta iniquità. Fornito il suo piccolo esercito d’armi e d’insegne, fatta la rassegna delle sue forze alla presenza del popolo e della nobiltà romana, che l’incoraggia anche con sussidi di denaro, ritornato in pace con la Nuccia, mentre è sul partire, giunge una notte la notizia che l’assedio di Vienna era tolto. Allora, invidiando alla sorte dei valorosi difensori, l’eroe dà principio alle feste d’esultanza, che con maggior pompa di girandole e luminarie furono rinnovate quando giunse la conferma ufficiale della vittoria. Tra il tumulto assordante della folla, Meo si trova impegnato in mille brighe, dalle quali sa uscir con onore, dando altre prove di valore e di sentimento cavalleresco. Il poema termina colle festeggiate nozze di Meo colla Nuccia.

Sarebbe ingiustizia non riconoscere che questo poemetto ha qualche pregio, per cui sta molto più in alto, nel cielo dell’arte, che non quello del Peresio. Infatti, l’argomento è schiettamente popolare e la figura di Meo rende bene il tipo del popolano romanesco pieno di coraggio, un po’ goffo, forse, ma incapace di una finzione, nonchè d’un tradimento, pronto a commuoversi per ogni idea che abbia qualche cosa d’eroico, facile a soccorrere ogni sventura. La lingua è assai più ricca di frasi popolari che non quella del Peresio, e le dichiarazioni lessicali, che accompagnano a mano a mano lo svolgimento dell’azione, sono quasi sempre giuste e opportune. Un particolare degno di nota: alla fine d’ogni canto, l’autore rimanda il lettore al canto seguente, alla maniera che l’Ariosto derivò dalla tradizione epica popolare.

Dell’uno e dell’altro poema, benché nessuno dei due possa per se stesso aspirare all’eternità, dovrà occuparsi chi voglia descrivere completamente la storia dell’umorismo nella letteratura italiana.

Intorno alla metà del s. XVII, un maestro di musica, Be-