Pagina:Contro Wagner, Riccardo Ricciardi, 1914.djvu/101

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epilogo 97

sto voler raggiugere la verità, «la verità ad ogni costo», questa mania di adolescenti per l’amore della verità — tutto questo non c’importa più: noi siamo troppo esperti, troppo seri, troppo gai, troppo induriti, troppo profondi... Noi non crediamo più che la verità resti verità quando le si strappa il velo — ed abbiamo vissuto abbastanza per esserne persuasi... Oggi è per noi quistione di convenienza che non si voglia tutto vedere nella sua nudità, e trovarsi ovunque presente, e tutto comprendere, e tutto «sapere». Tutto comprendere — significa tutto disprezzare... «È vero che il buon Dio vede tutto?» chiedeva una bambina a sua madre: «mi sembra una sconvenienza» — avvertimento ai filosofi!... Bisognerebbe avere maggior rispetto del pudore, rifugio della natura che si tien nascosta dietro enigmi ed incertezze multiple. Forse la verità è femmina, ed ha delle ragioni per non lasciar vedere le sue ragioni?... Forse il suo nome, per parlare greco, è Baubò?... Ah quei Greci! se ne intendevano essi del vivere! Per ciò è necessario fermarsi bravamente alla superficie, all’epidermide, di adorare l’apparenza, di credere alle forme, ai suoni, alle parole, a tutto l’Olimpo delle apparenze. Quei Greci erano superficiali — per profondità... E non torniamo ad essi, noialtri rompicolli dello spirito


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