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Lettera di Angiola alla signora Merli 111


quillità, e sono felice di aver tempo di scriverti; ma Carlo quando seppe che oggi si stava a casa, ha fatto il muso, l’Elisa andò di malavoglia a prendere i suoi quaderni, e sento Mario, nella stanza vicina, irrequieto, che s’alza ogni momento per correre alla finestra ad ogni più piccolo rumore che vien dalla strada.

— Ma mi accorgo che anche la mia signora figlia si perde in divagazioni inutili, — mi par di sentirti dire.

Hai ragione, mammina mia, ed ecco che torno all’argomento.

T’assicuro che la vita di questi giorni pare un sogno. Il nostro villaggio non è più riconoscibile.

Nella piazza quasi sempre spopolata e tranquilla, tanto che quando passavamo per andare alla messa o alla posta, non s’incontrava che qualche donna colle secchie la quale andava ad attingere l’acqua alla fontana, o qualche contadino colla gerla sulle spalle, c’è un frastuono indiavolato, intorno alla chiesa sono collocati dei banchi colle tende bianche, e sui banchi una quantità di oggetti variopinti e luccicanti, che si vendono per quarantanove centesimi, e una folla di contadine vestite da festa, alcune venute dalle montagne, nei loro costumi tradizionali, colle camicette bianche ricamate, i corpetti