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118 sopra la città - il campo degli alpini

merevoli fori per le mine del giorno dopo, mi spiegavano l’arte di far quei fori e quelle mine, mi raccontavano come essi medesimi lavorassero anche manualmente.

E ogni tanto qualche soldato passava tornando all’accampamento. Altri se ne vedevano sparsi per le pendici vicine godendosi la libertà domenicale, ma tutti portavano il fucile, perchè il generale Ameglio vuole che il soldato in guerra non dimentichi mai d’essere in guerra. Passava qualche greco e salutava.

Koskino biancheggiava alla nostra sinistra in costa a una gran roccia che un profondo avvallamento separava da noi. Lasciammo la strada dove i lavori finivano, e prendemmo a discendere verso quel villaggio greco.

Uno degli ufficiali mi additò la cima piatta della roccia sopra Koskino da cui i nostri venendo dopo lo sbarco da Kalitea avevano avvistata la città di Rodi. Ivi pure erano state collocate le artiglierie. Domandai di quella giornata e di Psithos, della conformazione dell’isola, della marcia degli alpini da Kalamona e del combattimento. Seppi della faticosissima marcia di più di 30 chilometri, di notte, per un terreno sconosciuto, senza sentieri, asprissimo, guadagnato spesso con le mani e coi piedi. — Noi stessi, mi dis-