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130 così parlò zarathustra - parte seconda


E io girai la chiave e mi sforzai ad aprire la porta. Ma non riuscii che a socchiuderla.

E in quel punto un vento impetuoso la spalancò del tutto: fischiando, stridendo e urlando, esso mi gettò incontro a una nera bara.

E tra il fischiare e lo stridìo e l’urlo del vento la bara si aperse e una centuplice risata ne irruppe.

E da mille grottesche forme di bambini, e di angeli e di gufi e di buffoni e di farfalle grandi come bambini uscì un riso impetuoso di scherno contro di me.

Io ne provai orribile spavento: e gridai inorridito come mai ancora avevo gridato.

Ma le mie stesse grida mi risvegliarono».

In tal modo Zarathustra narrò il suo sogno, e poi si tacque; giacchè ancora non sapeva spiegarlo. Ma il discepolo a lui prediletto sorse ratto in piedi, lo afferrò per la mano e così disse:

«Della tua stessa vita ci dà la chiave questo sogno, o Zarathustra.

Non sei forse tu il vento dal fischio acuto, che spalanca le porte nelle rocche della morte?

Non sei forse tu il feretro popolato di maligne forme variopinte e di alate caricature della vita?

In verità come un riso infantile scoppiante da mille bocche, Zarathustra penetra in tutte le catacombe, ridendo di quei vigilatori della notte e della morte, e di chiunque fa risuonare un mazzo di lugubri chiavi.

IL tuo riso, o Zarathustra, li spaventerà e li rovescerà come un soffio; la loro impotenza ed il loro risveglio attesteranno la tua possanza.

E persin nell’ora dei lunghi crepuscoli e della stanchezza mortale, tu non tramonterai sul nostro orizzonte, o assertore della vita!

Tu ci facesti ammirare nuove stelle e nuovi splendori notturni: in verità, il riso stesso tu lo stendesti sopra di noi, come una tenda screziata.

D’ora innanzi un riso infantile scaturirà da tutti i feretri; un grande vento trionfatore spazzerà d’un soffio ogni stanchezza mortale; tu stesso ci sei di ciò mallevadore e profeta!