Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/184

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dello spirito della gravità 185


E noi — noi trasciniamo pazienti ciò che ci fu dato in retaggio, noi lo rechiamo su le nostre dure spalle oltre gli aspri monti! E quando ansiamo ci si risponde: «Si, la vita è dura a sopportare!».

Ma l’uomo soltanto, non la vita, è duro a sopportare! Troppe cose straniere egli reca su le proprie spalle. Simile al camello ei s’inginocchia a terra e consente che altri lo carichi di gravi pesi.

Sopra tutto l’uomo forte che ha buone spalle e disposto lo spirito alla venerazione, troppe parole e troppi valori estranei s’addossa; — e poi la vita gli sembra un deserto!

E invero anche delle cose proprie una gran parte riesce pesante a sopportare! L’anima dell’uomo è simile all’ostrica, cioè viscida e guizzante e difficile a digerirsi — sicchè solo un nobile guscio dagli eleganti ornamenti può allettarci a gustarne. Ma è mestieri apprendere anche quest’arte: avere un guscio e una bella apparenza e una sapiente cecità.

Pure anche nell’uomo il guscio inganna, se è di meschina apparenza o ruvida troppo. Quanta bontà, quanta forza restano talora incomprese, quante volte i bocconi più saporosi non trovano chi se ne diletti!

Le donne sanno ciò, le preziose per eccellenza: un po’ più grasse, un po’ più magre — o quanta parte di destino dipende da così poco!

Difficile è scoprir l’uomo; più difficile ch’ei si riveli a sè stesso; molte volte lo spirito mente sul conto dell’anima. Così ha voluto lo spirito della gravità.

Ma ha scoperto sè stesso colui che dice: «Questo è il mio bene e il mio male!». Con ciò egli ha fatto ammutolire la talpa e il nano che chiaman «buono» ciò che è tale secondo la comune opinione, cattivo ciò che è tale secondo il giudizio di tutti.

In verità io non posso tollerare nè pur coloro che giudicano buona ogni cosa e tengono questo come il migliore di tutti i mondi. Io li chiamo gli onnicontenti.

L’onnicontentezza che sa trovar gusto in ogni cosa, non è di buon gusto! - Io rispetto le lingue e gli stomachi ribelli e di difficile accontentatura, i quali hanno imparato a dire «Io» e «sì» e «no».