Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/8

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la prefazione 9


E se vuoi dar loro alcunchè, sia un’elemosina, e attendi che essi te la chiedano mendicando».

«No» rispose Zarathustra «io non dispenso elemosine. Non sono abbastanza povero per far ciò».

Il santo rise di Zarathustra, e parlò così: «Allora sta un po’ vedere se accetteranno i tuoi tesori! Essi diffidano di chi procede solo, e non credono che noi veniamo per donare.

I nostri passi risuonano troppo solitari attraverso le lor contrade. E come quando di notte nei loro letti sentono suon di passi molto prima che sorga il sole, si chiedono: dove va codesto ladro?

Non recarti tra gli uomini e rimani nel bosco! Piuttosto va tra gli animali! Perchè non vuoi essere — come me — un orso tra gli orsi, un uccello tra gli uccelli?».

«E che cosa fa il santo nel bosco?» domandò Zarathustra.

Rispose il vecchio: «Io compongo canzoni e le canto; e quando le compongo, piango e mormoro: e in tal modo lodo Iddio.

Col cantare, piangere e mormorare lodo Iddio che è il mio nume. Ma che cosa ci rechi tu in dono?».

Poi che ebbe ascoltate queste parole, Zarathustra salutò il santo e disse: «Che cosa potrei io dare a voi! Ma lasciatemi partir presto, prima che vi tolga qualche cosa!».

E così si separarono, ridendo come due fanciulli.

Ma quando Zarathustra fu solo, così parlò nel suo cuore: «Sarebbe mai possibile! Questo vecchio santo nella sua foresta non ha saputo ancora che Dio è morto?».


3.

Quando Zarathustra giunse alla città, che era vicina alla foresta, vi trovò raccolta una moltitudine sul mercato; poi che era corsa voce che un funambolo vi avrebbe dato spettacolo. E Zarathustra così parlò al popolo:

«Io insegno a voi il Superuomo. L’uomo è cosa che dev’essere superata. Che avete voi fatto per superarlo?

Tutti gli esseri crearono sinora qualche cosa oltre sè stessi: