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352 libro quarto

lista, e pare necessitato a dire ogni cosa contemporaneamente. Tuttavia quando procede col solo suo titolo di capo del governo coloniale, si mostra metodico, preciso, istruttivo, e ammirabilmente amministratore.

Questa intima relazione tra lo stile e il carattere dell’uomo, che ora è diventata una verità proverbiale, si fa sentire in una maniera manifesta negli scritti di Colombo.

Come a vedere il mare, il sentimento dell’immensità vieta alla nostra debolezza di descrivere questo infinito ch’è pur sentito, veduto, e di cui siam pieni, ma che ci travalica, e ci trasse seco nella sua stessa immensità; così Colombo riassume, compendia o passa sotto silenzio le sue più intime emozioni; nè tenta descrivere ciò ch’è al di sopra d’ogni descrizione. Non descrive le sue impressioni marittime, che nota perfino il grido del grillo e l’olezzar delle piante recatogli dal soffiar de’ venticelli: la maestà dell’Oceano si è riflessa nella sua anima lasciandovi una impronta infinita, incommensurabile.

Solo, nel suo ultimo viaggio, la sua memoria, descrivendo tempeste ignorate nei mari d’Europa, colora con una vivacità pittoresca le scene della lotta che sostenne contra gli elementi; e la poesia sprizza dalle sue imagini come la fosforescenza dall’affronto delle onde in gran tempesta. Egli diventa allora un grande e vero modello nel genere descrittivo e terribile, quantunque sia abbreviatore, com’è sempre il genio. Nel suo vigoroso pensiero, le parole non sono che una veste dell’idea e non hanno alcun valore per sè: perciò nessuno studio di frasi, nessun coordinamento di vocaboli, nessuna cura di ottenere begli effetti di stile; rimane semplice e grande come il mare, ed è sentita nel suo stile una forza segreta, una possa ritenuta, un’abitudine di austera continenza.

Indoviniamo che quest’uomo ha vissuto innanzi a Dio. La sua meditazione si è formata per mezzo appunto della più grande manifestazione divina dell’infinito che sia accessibile ai nostri sensi, il mare; il mare, uno sopra tutto il globo e così diverso nella sua immutabile unità; il mare, nel quale si assorbe la nostra contemplazione, che lascia muto il poeta, interdetto il filosofo, spaventato il pensatore; il mare ha fecondato il genio