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Dalla terra, che Italia si appella,
Dov’eterno ha natura il sorriso,
Dove ogni opra più vaga, più bella
È una gloria, un mistero d’amor,
Dove ride novel paradiso
Di profumi, di luce, di fior;
Là d’un mar sulle libere sponde
Bebbe l’aure del suolo natio;
Fanciulletto amò i venti, amò l’onde
E godeva sovr’esse vogar;
Era in esse la voce di Dio,
Che il chiamava altre terre a cercar.
Giovinetto raccolse quel grido,
E celato nel petto lo tenne:
Fu suo sogno un incognito lido,
Popolato da mille città;
Fu suo sogno l’aurora solenne
Che al suo mondo quel mondo darà.
O Colombo! va, sorgi, t’affretta,
Sfida l’adre mugghianti tempeste;
Una gente ignorata t’aspetta,
Ti richiama con lungo desir;
L’aura, l’onde, han quel grido celeste
Che t’invita il tuo voto a compir.
Sorgi e vola! a chi spera, a chi crede
Nulla in terra negato fu mai;
Parte il sol fra le nubi, ma riede
Più lucente che prima non fu:
Tra’ perigli, tra l’ansie, tra’ guai
Grande, splendida emerge Virtù.
Se l’Europa con zotico scherno
Ride, e insulta al sublime pensiero,
Che t’importa? ti scorge l’Eterno
Fra gli abissi, fra i gorghi del mar,
Sull’inospito lido straniero
Una croce sublime a piantar.
Obbedisti: i perigli vincesti,
Alla speme risposer gli eventi;