Pagina:Cristoforo Colombo- storia della sua vita e dei suoi viaggi - Volume I (1857).djvu/347

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capitolo terzo 339

e fanciulli da lui trovati alle isole de’ Caraibi, affinchè divenuti cristiani, potessero tornare e servir di interpreti. Parevain che i Caraibi potessero essere di una grandissima utilità sotto questo aspetto, atteso che, correndo essi per tutte le isole dell’Arcipelago, ne possedevano i diversi idiomi.

Appena la flotta ebbe abbandonata la Spagnuola, tutti que’ gentiluomini e venturieri, estranei ad ogni abitudine di lavoro, che si erano attaccati a Colombo nella lusinga di accumulare tesori in mezzo ai fiori ed alle voluttà di quelle sconosciute regioni, caddero nel maggiore scoramento. La realtà apparve loro manifesta: confidaronsi disinganni, malcoltento, e cercarono di ritrarsi dall’esilio volontario che imprudentemente si erano inflitto. lI metallurgista Firmin Zedo, ignorante e ciarliero, disgustato del soggiorno dell’isola, la screditava come meglio poteva: diceva che in essa non ci aveva oro; che le pagliuzze brillanti, cui piaceva all’ammiraglio di chiamar con quel nome, non erano che fogliuzze o granelli di una materia che simulava l’oro; ma che l’oro lavorato, dato dai naturali, doveasi ritenere qual frutto di risparmi ereditari; che gli indigeni si erano impoveriti co’ precedenti scambi, e che quinc’innanzi non se ne potrebbe cavar nulla. La sua dichiarazione integrava il disinganno. Per diventare sediziosi, i malcontenti non aspettano altro più che di avere un capo: e questo fabbro di disordine si trovò in pronto nella persona di un impiegato scelto dai Monarchi, il luogotenente de’ pagatori generali, Bernal Diaz de Pise.

Profittando della malattia di Colombo, egli imaginò di tessere una specie di accusa, o processo contro l’ammiraglio, di far certificare, col mezzo di molte testimonianze, ch’egli ingannava i Monarchi con menzognere relazioni; che non v’aveva da sperar altro che rovina e morte in quell’isola piena di boscaglie impenetrabili, e abitata da una razza sciocca e nuda, degna d’un tal paese. Un certo Gaspare Ferris, il quale si credeva al di sopra delle leggi, perché nella sua qualità di aragonese non poteva esser giudicato dalla regina di Castiglia, fu l’istigatore subalterno più operoso della ribellione. Bernal Diaz doveva di nottetempo impadronirsi delle navi coll’aiuto di coloro che tenevano dalla sua parte. Ma nel punto in cui il complotto stava