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38 PLATONE IN ITALIA

Da per tutto si acclamano gli stranieri e si sprezzano i compatrioti ed i vicini: nello stesso giorno vogliamo ora brodi bianchi, ora neri; nello stesso momento si vuol bere e caldo e freddo: si ricusa di gustar colle labbra un vino che sia un poco raspante ed addetto al gusto, e poi si compone l’absirtaca di porro, nasturzio ed acini di melagranata, e si sorbilla come bevanda deliziosa. Che vuoi fare? Tale è la natura dell’uomo. —

CROBILO. Ehi! ragazzo, altro vino.

ISOSTASIETTA. Bravo Cleobolo! da vero filosofo... Cosí ini piacciono gli uomini. Dimmi. Cleobolo: vi son molte filosofanti nel vostro paese?

— Non ne mancano. —

MNESTERO. Vedi Bacchilide, che passa sotto il portico del tempio di Nettuno?

ISOSTASIETTA. La vedo. Chi sa die andrá facendo? Pure non dovrebbe esser molto lieta: il suo amante l’ha abbandonata... Era un amante molto tenero e molto ricco.

CROBILO. Io so die era pieno di debiti.

MNESTERO. 1 suoi cavalli però erano i piú belli di Taranto.

AGIRIPPO. Io non cangerei i miei coi suoi.

ISOSTASIETTA. Dunque, caro Cleobolo, ritorniamo al primo discorso. Io voglio venire in Atene, voglio studiar filosofia. Che ti pare? potrei riuscirvi?... Qual è la parte piú bella della filosofia?... quale è la parte piú facile?... —

II parasito, che fino a quel punto non avea aperta bocca se non per mangiare: — E finiscila — incominciò, — finiscila, cara la mia Isostasietta, con queste tue filosofiche ciance. Io non so che ci trovi di bello. Beviamo, beviamo un’altra volta, e poi un’altra ed un’altra; beviamo sempre; viviamo contenti, e non c’imbarazziamo di nulla. La mia filosofia è tutta in una buona mensa: essa mi è madre, mi è padre, mi è tutto. Virtú, doveri, eccelsi gradi, ambascerie, comandi di eserciti, non hanno nulla di reale, e svaniscono come un fumo in seno del nulla. Tra poco verrá l’ora della morte, amici miei, e non ci troveremo altro che quello che avremo mangiato...