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XIV - DISCORSO DI ARCHITA 71

Che cosa è mai un filosofo? Il volgo narra che Pittagora istesso l’abbia definito a Leonzio di Fliuntc, quando ricusò il nome di «sapiente», che quel tiranno gli offeriva e che tanti altri, men degni al certo di lui, si usurpavano senza rossore. — Il solo Dio è sapiente — rispose Pittagora: — io non sono che un amator della sapienza, un filosofo. — E che cosa è mai un filosofo? — insisteva Leonzio. — Tu — riprese Pittagora — conoscerai, senza dubbio, i giuochi olimpici. Ebbene! essi sono l’immagine della nostra vita. Taluni vi corrono per desio di fama e per mostrarsi in spettacolo agli altri; taluni per aviditá di guadagno; moltissimi per raddolcire la noia di una vita, di cui non saprebbero fare altro uso; altri per rivedervi gli amici; insomma chi per un fine, chi per un altro: pochi per osservare in silenzio ciò che vi avviene di bene e di male. E questi ultimi sono i filosofi1

Ma Pittagora non si rimase negli stretti limiti di una vita contemplativa, e, piena la mente delle idee dell’ordine e del bello eterno, volle comunicarle agli altri mortali, onde divenissero utili sorgenti di virtú.

Paragonate Pittagora ad Orfeo, a quell’Orfeo che noi altri pitagorici vi abbiam fatto conoscere...

— Voi? — dissi io. — Come va questo? Orfeo era...

— Di quel luogo di cui l’abbiamo voluto finger noi. Egli potea esser di tutti i luoghi, perché non esisteva die nella nostra? mente. Quei versi orfici che voi avete, e quei riti che essi contengono, sono invenzioni del nostro Ceerope2, il quale volle dare a voi greci il modello di un uomo che colla sola forza del bello e del vero sapesse rendere i popoli virtuosi e felici... Ma noi non parliamo giá di Orfeo: a me piace che lo crediate realmente esistente. Paragoniamolo a Pittagora.

Si dice che Orfeo abbia il primo fondate le cittá, perché, nato in etá di ferina barbarie, egli il primo, interprete e sacerdote

  1. CICERONE, Tusculanae quaestiones, V
  2. Cicerone, De natura deorum