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LXVI

Di Platone a Cleobolo

[Incapacitá del popolo a giudicar cose che richiedano animo scevro da passioni — La repubblica ateniese è stata perduta dai Cleoni e simili oratori — Nei pubblici concili non si deve dar voto ai giovanetti — Simiglianza tra gli ordini romani e quelli spartani — I migliori ordini pubblici sono inutili se non si affidano ai migliori cittadini — Piú facile trovare uomini ottimi nelle democrazie che non nelle oligarchie; ma quelle piú facilmente si corrompono — Come evitare gli scogli delle oligarchie e delle democrazie — Quel che è maggiormente commendevole negli ordini romani è la perpetuitá del senato — Roma ha saputo riunire il numero (il senato) e 1*unitá (i consoli) — Se e fino a qual punto gli ordini romani convengano alla Grecia — Lo scetticismo dei greci rende difficile a un legislatore trovare un addentellato per nuove leggi — La forza, diritto primitivo dei romani — Il dominio ottimo — La riunione dei forti, prima in famiglia, poi in tribú e in cittá — Uniforme, fino al sorgere della cittá, il corso delle nazioni : il diverso atteggiamento dei servi e dei clienti, ossia delle plebi, rende diversa la vita dei vari popoli — Nella lotta tra ottimati e plebe sta la vita di tutte le nazioni — In esse tutte da un’estrema barbarie si giunge a un’estrema licenza — Necessario è cedere alla plebe, ma non piú di quanto effettivamente le bisogni — I due cardini, su cui poggia Roma, sono la religione e gli usi dei maggiori.]

Qui è nel testo una lacuna. Manca della lettera di Cleobolo la parte piú importante. Quella lettera che segue par che vi abbia qualche rapporto; e talune espressioni, che il lettore avvertirá da se stesso, mostrano che sia di Platone. È da credersi che Cleobolo gli abbia chiesto il suo giudizio e che Platone glielo abbia dato; e siccome in que’ tempi i filosofi della Grecia si occupavan molto delle costituzioni degli Stati, cosí è probabile che il giovine Cleobolo