Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/311

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di oro né della di lui amicizia con Solone, con Ferecide, né delle sue lettere, né di tante altre cose oggi da tutti riputate favolose. Ricordiamoci che visse ai tempi di Ciro, ed analizziamo ciò che sulla di lui dottrina ci ha lasciato scritto Laerzio. «Callimaco dice [Talete] esser stato il primo ad osservar l’Orsa minore, colla quale navigavano i fenici». — É egli mai credibile che prima di Talete i greci non la conoscessero? E pur prima di Talete i greci avean navigato! «Secondo alcuni, scrisse di due sole cose: delle conversioni del sole [ne’ tropici] e degli equinozi, credendo tutte le altre facili a conoscersi». — Volesse il cielo e fossero tali! Ma moltissime altre cose vi sono piú difficili a conoscersi degli equinozi. Chi non lo sa? Solo colui che ne ignora l’esistenza. Un uomo il quale non sappia ancora conoscer gli equinozi troverá minor numero di cose piú difficili, perché un ignorante sa meno di un sapiente quanto sia quello che ignora. Che diremo dunque? O Laerzio non sa quello che si dica, o Talete era un matto, o i greci dell’epoca di Ciro erano piú barbari de’ persiani, per i quali il determinar l’ora dell’equinozio era un grandissimo affare di religione e di Stato. «Molti, e tra questi Eudemo, che scrisse la Storia dell’astronomia , credono Talete esser stato il primo a studiar i segreti di questa scienza, ed aver il primo predetti gli ecclissi, onde fu tanto ammirato da Senofane e da Erodoto. Lo stesso dicono Eraclito e Democrito». — Abbiamo ancora il passo di Erodoto nel quale si parla della predizione di Talete. Dal medesimo appare che Talete fece una ben puerile predizione; tale che, invece di accrescer l’opinione del sapere astronomico di Talete, diminuisce quello de’ suoi contemporanei. L’autore del libro Delle opinioni de’ filosofi (0 ci attesta aver detto Talete l’ecclissi del sole esser prodotta dal- ✓ l’interposizione della luna, e la luna esser corpo simile alla terra, e tale che riceveva ogni sua luce dal sole. Un’altra difficoltá. Se Talete credeva difficilissimo calcolar gli equinozi, come poteva nel tempo istesso saper predire un’ecclissi? Come può un istesso uomo saper molto e poco di astronomia? Si potrebbe dire che, ogni volta che Laerzio parla di «equinozi», intenda dire del calcolo di ciò che noi chiamiamo «precessione». Ma ciò sarebbe lo stesso che supporre i greci di allora troppo dotti. (1) De placitis, II, 34, 38 [C.J V’. Cuoco, Platone in Italia-li. 30