Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/76

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Tutti si sono accorti della mia buona ventura. La stessa albergatrice questa mattina mi ha detto: — Il nostro ospite ha avute buone lettere dalla sua bella. Non è vero? — Sí, mia cara. — Eh ! ben me ne era accorta io. — E poscia ha voluto saper tutta la nostra storia: ella mostrava tanto interesse, ed 10 era tanto espansivo per la letizia, che son divenuto ciarlone. Ella era tutta contenta, udendo la descrizione che io le faceva di te. Ma, quando poi ha visto il tuo ritratto, la mia buona appula dalla fisonomia muscolosa ed imbrunita dal sole< ! > è andata in estasi, e non poteva saziarsi di lodarne or la bocca, sulla quale ella diceva spirare nel tempo istesso modesto e dolce 11 sorriso, ora quei capelli, ora quella fronte... E pure, o Mnesilla, ella né ti ha vista movere, né ti ha udito mai parlare! Io partirò domani: lascerò i Campi di Diomede( J >. Simile a quei che varcano l’onda di Lete, io lascerò sulla destra sponda del Cerbalo tutte le mie pene. Possa l’arido Atabulo < 3 ) disperderle come disperde le nebbie che ingombrano queste pianure ! Io anderò tra i sanniti, tra i lucani, ove tu vorrai; ritornerò quando a te piacerá; ma la tua immagine sará sempre con me, e stará sempre con te il mio cuore. (1) «Penisi a soiibus Pernici.s uxor Appuli». (2) Questo c il nome che avean quei luoghi. Cluvkrio, Italia antiqua . (3) Horatius, Satira* , i, 5.