Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/255

Da Wikisource.

III IL VERO SIGNIFICATO DELLA COSÌ DETTA «INUTILITÀ DELLA STORIA» (a proposito della terza edizione dei Pensieri sulla storia e sulla incertezza ed inutilitá della medesima di Melchiorre Delfico) Tre edizioni di un libro, ripetute in pochi anni, ne formano certamente il piú lusinghiero e nel tempo istesso piú vero elogio. Il libro del quale parliamo sembra, al primo aspetto, destinato a sostenere un paradosso. Avvezzi dalla prima fanciullezza, dietro l’autoritá di venerabili nomi, a ripetere che la storia è la maestra vera e sola della vita, e che ignorar ciò che è avvenuto prima di sé sia lo stesso che esser sempre fanciullo; lusingati dall’interno piacere e dalla pubblica gloria, che accompagna alcune ricerche poche volte utili, ma sempre difficili, sui nomi, sui fatti, sugli usi degli uomini da noi lontani; noi non sappiamo applaudir cosí facilmente a chiunque par che ci voglia togliere tanta gloria, tanta istruzione, tanto piacere. E, se realmente la cosa fosse cosí, il dolersi del libro del quale parliamo sarebbe tanto giusto quanto il dolersi di una legge che proibisse la lettura dell’Ariosto e ci togliesse la speranza di poter un giorno avere un altro Orlando. — Ma, se Orlandp si prendesse a modello della nostra vita; se credessimo fatto ed in conseguenza fattibile e da farsi tutto ciò che si narra di lui, i bellissimi quadri dell’Ariosto non diventerebbero inutili e pericolosi alla vita? — Cosí rispose un uomo, il quale forse non era di molte lettere, ma che avea molto senso comune, a colui che condannava il libro del quale parliamo. E prosegui: —Questo appunto è lo scopo del libro. — Non trasportate, esso dice, troppo facilmente agli usi de’ tempi nostri ciò che si narra de’ tempi antichi. Il piú delle volte le cose non sono state quali si narrano, perché