Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/389

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annotazioni 383

n. 5718). — E finalmente il 28 febbraio 1812 (non nei primi giorni del marzo, come asseriscono i biografi) lo si elevò alla carica altissima di direttore del Tesoro reale (Decreti, vol. 55, n. 8192), per la quale gli si fissò, il 30 marzo, un onorario di 4000 ducati, ossia 17000 lire ranno (ivi, voi. 56, n. 8350). Senza nemmen tentare di riassumere il lungo decreto dell’8 marzo 1812, col quale vennero fissate in quella circostanza le sue molteplici attribuzioni (Decreti cit., vol. 53, n. 8243), basterá dire che il direttore del Tesoro doveva, tra l’altro, proporre al ministro delle Finanze «toutes les dispositions qu’il croit propres á garantir les intérêts du Trésor ou à simplifier la marche des opèrations, et tous les changements qu’il juge utiles soit dans le personnel soit dans la distribulion du travail de l’intèrieur du Trésor», ossia rinnovare da cima a fondo quella complicata amministrazione. Lavoro immane, che il C. compí in un paio d’anni, riuscendo a condurre la Tesoreria napoletana, dal caos in cui l’aveva trovata, a quell’ordine, semplicitá e snellezza in cui la lasciò nel 1815 e che ne fecero fino al 1860 una delle meglio organizzate di tutta Europa. — S’avverta per ultimo che, secondo i biografi, egli avrebbe fatto parte anche di una commissione recatasi a Parigi per congratularsi con Napoleone della nascita del re di Roma, avvenuta il 20 marzo 1811. Ma di codesta commissione non si trova notizia nelle memorie, nei giornali e nei documenti del tempo; i quali, anzi, dicono che a rappresentare il Regno di Napoli nella cerimonia del battesimo (12 giugno) andò personalmente Gioacchino Murat, partito da Napoli il 26 marzo e tornatovi il 29 giugno con alcuni gentiluomini e militari della sua casa, tra i quali, naturalmente, non era il C. (cfr., p. e., De Nicola, II, 554 e 562). D’altronde, che il Nostro restasse a Napoli si desume anche dal Monitore delle Due Sicilie, ove nel marzo-giugno 1811 apparvero alcuni articoli che indubbiamente gli appartengono (si veda sopra p. 275 sgg.).

CXV. — Anepigrafa, senza data e senza firma; ma relativa indubbiamente allo scritto sui Rimboschimenti e bonifiche (presente vol., p. 205 sgg. e Nota bibliografica). Tra gli amici del C. e i suoi colleghi nell’Istituto d’incoraggiamento i «competenti» in agronomia eran parecchi: Giambattista Gagliardi, Raffaele Pepe, Teodoro Monticelli, Luca di Samuele Cagnazzi, Michele Tenore, e così via. A ogni modo, la lettera non è certo dei primi due, che gli davan del «tu».

CXVII e CXXI. — Antico amico del C., che lo aveva conosciuto a Milano e lodato nel Giornale italiano (cfr. questi Scritti vari, I, 263-4, 267 e 268), il letterato e pittore lombardo Giuseppe Bossi (11 agosto 1777 - 9 decembre 1815) fu suo ospite a Napoli nel 1811. E allora, probabilmente, il C. gli donò, non si capisce bene se l’originale o una copia della «lettre inèdite de Vico sur Dante», che dev’essere quella, famosa, a Gherardo degli Angioli del 25 decembre 1725, pubblicata la prima volta da Antonio Giordano (Napoli, 1818) e tante volte ristampata di poi (cfr. Vico,