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Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/125

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non arrossiva di unire al titolo di «padrone di tutte le cose» anche l’altro di «gente togata». «Romanos remm dominos gentemque togatam». Ecco l’orgoglio del popolo virtuoso.

Qual è l’orgoglio nostro? Vediamolo. Poeti del secolo, traducetemi in qualunque lingua vivente (ne escludo una sola, in cui il ridicolo sarebbe minore) quel verso del gran poeta di Mantova, senza che i grammatici lo censurino ed il popolo ne rida. Ditemi senza farmi ridere: «Popolo vincitore della terra e vestito di frac»! Voi che tante bellezze derivate tutt’ i giorni da quel gran fonte di poesia, Virgilio, voi non sapreste, non potreste trasportar questa. E perché? Perché essa consiste in un’associazione nobilissima d’idee, della quale le nostre menti non sono piú capaci. Noi non abbiamo piú costume pubblico, non curiamo averne, non ne conosciamo l’importanza né la potente influenza sulla pubblica felicitá.

Ben lo conobbe Augusto, quando i romani incominciavano a corrompersi e si mostravano in teatro «tunicati», «palliati», tutto insomma fuorché «togati». Egli rammentò loro il verso di Virgilio. E difatti onde incominciò la corruzione di Roma?

Non dalle grandi cose, ma dalle picciolissime. S’incominciò a voler vestire alla greca, pettinarsi alla greca, parlare alla greca: «omnia graece, cum sii lurpe magis nobis nescire latine».

E l’orgoglio nazionale s’incomincia a perdere per le picciole cose. Di rado avvien che noi disprezziamo le nostre leggi, perché, dopo maturo esame, ne abbiam trovate delle migliori presso degli altri popoli. Quanti son quelli che conoscon le leggi?

Di rado ammiriamo negli stranieri la superioritá delle arti c delle scienze. Quanti sono quelli che curati le scienze e le arti? I parrucchieri, i sarti, i «modisti» decidono delle vicende dello spirito pubblico. In cento uomini dovete contar cinquanta donne e quarantotto altri che vaglion meno delle donne, perché, senza aver il dono di piacere, si credon dispensati dall’obbligo di pensare. Questi dicono: — In*** si calza, si veste, si pettina meglio che tra noi : dunque si ragiona, si guerreggia, si fa lutto anche meglio; e noi siamo insetti al cospetto di quei popoli sapienti e valorosi ! —