Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/204

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perché ciascuno fa un’osservazione, e, superbo di se stesso per l’osservazione fatta, vuole dalla medesima dedurre tutte le leggi di tutto ciò che avviene, sia in bene sia in male, sotto al sole. Quindi nasce che uno non chiede per le arti altro che premi ed incoraggiamenti; un altro istruzione; un terzo tutto ripete dalla filosofia; un quarto tutto dal clima: nessuno ha cura di esaminare qual sia il vero potere del clima, del costume, del governo; quanto possa realmente l’istruzione, quale debba essere, che se ne possa sperare, che temere, quanta l’influenza de’ modelli si in migliorare che in corrompere, ecc. Insomma, una storia filosofica delle belle arti è un libro necessario che ancora ci manca.

Or uno de’ fenomeni che questa storia presenta all’osservatore è quello di vedere i grandi uomini di una nazione, sebbene di merito diverso, letterati, guerrieri, politici, fiorir tutti nello stesso tempo. Sopra tale quistione giá scrisse un discorso Algarotti, ma lo trattò con piú eleganza che profonditá. Questa stessa quistione è il soggetto del discorso di Giusti.

Egli adopra la parola «eroismo», non giá nel senso poedco o mitologico, ma nel senso politico. L’eroismo non è che forza ed attivitá, sia di mente, sia di cuore, sia di mano. Quale è il secolo piú abbondante di eroi? La natura ha segnati alcuni limiti entro dei quali tutto è mediocritá: chiunque non esce da questi limiti è volgo. Quanto maggiore è il numero degli uomini i quali da questa classe si elevano alle piú sublimi, tanto piú il secolo si dirá fecondo di eroismo; e la maggiore o minor feconditá dipende dalle circostanze esterne, dalle interne e dagli ordini pubblici di una nazione.

E questo concorso di circostanze come influisce sul progresso delle arti? Influisce in due modi: moltiplicando i modelli e accrescendo il gusto. Si moltiplicano i modelli, perché essi non consistono giá in uno o due rottami dell’etá antica, ma bensi negli uomini della nostra, in quegli uomini coi quali non giá due o tre ore di studio ma tutta la vita passiamo. Qualunque artista è l’uomo del suo tempo e della sua patria. Cicerone ha giá da lungo tempo osservato che le donne dipinte da Zeusi