Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/243

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dovea dipendere la felicitá di venti milioni di uomini e di dieci generazioni. Pure, se è permesso di risalir col pensiero alle piccole ma gloriose repubbliche dell’antica Grecia, delle quali la nuova repubblica settinsulare ridesta la memoria, io direi ai loro abitanti: — La storia de’ tempi passati è la norma di quelli che ancora debbono venire. Tutte le intestine vicende, dalle quali le antiche cittá di Grecia furon lacerate, nacquero dalle gare tra gli ottimati ed i plebei; tutta l’arte di ordinar le cittá riducesi o a non fare esistere veruna divisione tra i cittadini, o a dare a ciascuna classe de’ medesimi ciò che le conviene. Il dar tutto alla plebe è pericoloso egualmente che il non darle nulla. Tra le cittá greche hanno sofferto minor numero di turbamenti interni quelle nelle quali o non vi era veruna distinzione di cittadini, come in Atene, o, se vi era distinzione, i due partiti, che da essa nascevano, venivano contenuti da un terzo, come in Sparta e forse anche in Corinto, degli ordini della quale poco sappiamo, ma abbiam ragione di crederli buoni per la stima in cui li avea Platone. Frequentissimi, al contrario, sono stati i cangiamenti e sanguinosissimi in quelle cittá nelle quali eravi distinzione di cittadini, eranvi partiti, e questi, non essendo la loro cittá molto potente, ricorrevano sempre agli aiuti degli stranieri. Cosí tutte le cittá minori della Grecia furono quasi distrutte dalle gare tra gli oligarchici ed i democratici; gare che erano eterne, perché eternamente fomentate e protette dagli spartani e dagli ateniesi. Nelle cittá oligarchiche è necessario che il potere esecutivo sia quanto piú si possa debole e di breve durata: se si prolunga o si rinforza, l’oligarchia scomparisce. È nota l’accusa che i tebani mossero contro Epaminonda perchè avea vinta Sparta pochi giorni dopo che era spirato l’anno del suo comando. Quindi le cittá oligarchiche di Grecia o non uscirono dalla mediocritá o, per uscirne, furono costrette ad infranger gli ordini antichi. L’oligarchia non si conserva se non togliendo ai plebei ogni modo di divenire, per numero, per educazione, per ricchezza, i piú forti: se diventan tali, mal volentieri continueranno ad ubbidire ai piú deboli. Cosí i tebani tenevano i perrebi, e la stessa Sparta, sebbene l’oligarchia ivi fosse temperata dal poter reale, non altrimenti teneva gl’iloti. Ma questa ingiusta politica ed infame rende debole l’intero Stato. Sparta, la stessa Sparta, la prima volta che si trovò chi osasse entrar nel Peloponneso, mostrò, al dir di Aristotile, che era piú atta a tiranneggiare gli schiavi che a difendersi dai nemici. Voi siete greci, ed io vi ho addotti esempi greci. Ora pensate che il corso delle cose non è nelle nostre mani; che non dipende da noi l’aver un potere esecutivo debole, il ritardare la popolazione e l’industria impunemente, e che vengono de’ casi ne’ quali è necessitá o cangiar massime o perire. Pensate che voi siete piccioli e dovete o divenir grandi o scomparire dal numero delle nazioni; che eterno avete nel vostro seno il germe delle divisioni, e che non sempre avrete la fortuna di non avere spartani ed ateniesi che le fomentino da fuori».