Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/324

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Quindi nasce la prima idea di Vico di una «storia ideale» del genere umano. Ma questa storia sarebbe chimerica se non fosse corrispondente ai fatti. Ed ecco in che Vico differisce da quei teosofi visionari, ai quali il principio fondamentale che finora abbiamo esposto pare che lo avvicinava. La scienza, che non corrisponde al fatto, per Vico è chimerica: nella sua filosofia il vero è quello che esiste. Per far dunque che la scienza dell’uomo non sia chimerica, bisogna che si incominci dai fatti, dai quali si deve risalire ai possibili. E, per far questo, sorge la necessitá del suo secondo principio.

II. Un’azione di rado avviene che, come azione, abbia nesso con un’altra. Il vero nesso delle azioni sono le idee. Se noi consideriamo le azioni degli uomini come semplici azioni, esse ci sembreranno tutte diverse, e la storia del genere umano, di un uomo solo, diventerá una specie di caos, nel quale non potremo mai dar ragione di ciò che è. Se consideriamo le sole azioni degli uomini, non avremo che cognizioni di fatti e non mai scienza di possibili. Ma queste azioni degli uomini dipendono dai loro voleri, i voleri dipendono dalle idee: la mano ubbidisce al cuore, ed il cuore serve all’intelletto. Studiamo dunque le idee degli uomini: invece della storia delle loro mani e del loro cuore, diamo la storia della loro mente: forse troveremo tra le idee quel nesso e quelle leggi che non sappiamo scoprire nelle azioni; forse potremo quella storia ideale, che non si può dar delle azioni, darla delle idee; e forse, quando l’avrem segnata per le idee, ci troveremo di averla segnata anche per le azioni.

Applichiamo questi principi alla storia. Ogni uomo ed ogni societá consta, per cosí dire, di tre parti : «pensare», «volere», «fare»: scopo del pensare è il «vero», del volere è il «buono», del fare è l’«utile»; e questi sono i tre oggetti di ogni storia e di ogni filosofia morale. Queste tre parti hanno un rapporto strettissimo tra loro, né si può cangiar una senza che si cangiano egualmente le altre due. È necessario che esse sieno in una certa specie di equilibrio tra loro, in modo che, conosciuta l’una, si può facilmente indovinare qual sia lo stato delle altre.