Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/337

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che incontrava inevitabilmente, ogni volta che egli stesso trova vasi sul buon sentiero. Le stesse legislazioni de’ popoli moderni il piú delle volte non sono bene esposte, tra perché non se ne vede l’insieme, tra perché si confondono cose che di loro natura sono diverse (costumi, religione, ecc. ecc.), tra perché finalmente non s’intende il vero valore delle parole, alle quali, per intrinseco difetto della nostra mente, noi sogliamo unir non giá quelle idee che vi unisce il popolo che le parla, ma bensí quelle che sono piú simili alle idee nostre.

Né questi errori di fatto io li reputo senza pericolo per la civiltá del genere umano. I fatti sono e saranno eternamente la base della nostra ragione. Le idee che noi avremo della giustizia saranno sempre in gran parte tratte dagli esempi degli altri popoli. Lo studio minuto della giurisprudenza romana ha contribuito efficacemente a migliorar la giurisprudenza presente dell’Europa. Le idee non esatte delle antiche costituzioni repubblicane sono state una delle cagioni principali di quegli errori politici che tanto danno han cagionato nell’ultimo decennio del secolo scorso. Alcuni esempi, alcune costumanze di Sparta, troppo millantati dai retori greci, hanno esaltate le menti di molti, spingendole a desiderare quell’ottimo che è il peggior nemico del bene. Quindi, io lo ripeto, uno de’ frutti piú utili che trar si possa da questo studio è quello di avvezzar le menti de’ giovinetti a misurar le cose con giusta misura, onde né per stolta ammirazione delle cose straniere disprezzino le proprie, o le distruggano per isfrenata smania di volerle riformare.

Ma, a poter conseguire questa esatta esposizione delle leggi di ciascun popolo, è necessitá conoscere l’insieme di tutta la legislazione del medesimo. Si può dir dell’intera giurisprudenza di una nazione ciò che il giureconsulto Celso dice di ciascuna legge particolare: «Incivile est, nisi tota lege perspecta, una aliqua particula eius proposito, indicare» b). Questo è l’errore (1) li Cuoco, che cita a memoria, cangia alquanto questo passo (Digesto, I, 3, 24). Lo abbiadi corretto sull’edizione gotofrediana del Corpus iuris, che allora faceva testo [Edd.].