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136 saggio storico

voleva farsi un merito col nuovo. Conveniva ammetterli: si sarebbe ottenuto il doppio intento di compromettere molta gente e di guadagnare l’opinione del popolo: in ogni evento infelice, il libro che conteneva i loro nomi avrebbe forse potuto formar la salute di molti. Ma si volle spinger la parzialitá anche nella formazione della guardia nazionale: allora il maggior numero si ritirò, e non si ebbe l’avvertenza neanche di conservare il libro che conteneva i loro nomi.

Si formarono quattro compagnie di patrioti: essi erano tutti entusiasti, tutti bravi. Ma quattro compagnie erano poche. Si dovette ritornare al punto donde si era partito, ed ammettere coloro che si erano esclusi. Ma essi non ritornavano piú. Si ordinò che nessuno potesse essere ammesso a cariche civili e militari, se prima non avesse prestato il servizio nella guardia nazionale. Ciò era giusto e dovea bastare. Ma si volle ordinare che tutti si ascrivessero, e nel tempo stesso si ordinò un’imposizione per coloro che volessero essere esentati: dico «volessero», perché i motivi di esenzione erano tali, che ciascuno potea fingerli, ciascuno potea ammetterli, senza timore di poter essere smentito se li fingeva, o rimproverato se gli ammetteva.

Che ne avvenne? Coloro che poteano esser mossi dal desiderio delle cariche erano senza dubbio i migliori del paese, ma essi per lo piú erano ricchi, e comprarono l’esenzione: furono costretti ad ascriversi coloro che non aveano né patriotismo né onestá né beni, e cosí la legge fece passar le armi nelle mani dei nostri nemici.

Si volle sforzar la nazione, che solo si dovea invitare. L’imposizione riuscí gravosissima per le province. Il governo era passato da un estremo all’altro: prima non volea nessuno, poi voleva tutti. Era però da riflettersi che questa misura fu presa quando giá incominciava a vedersi lo stato intero delle cose volgersi ad inevitabile rovina. Allora, siccome in chi opera non vi è luogo a calcolo, cosí in chi giudica non deve predominar il sistema. Il governo allora giuocava, come suol dirsi, tutto per tutto. Trista condizione di tempi, nei quali taluno, per non aver potuto far ciò che voleva, è poi costretto a volere ciò che non