Pagina:Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Laterza, 1913.djvu/345

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rapporto al cittadino carnot 335

che, lungi di essere il magistrato, n’è il despota, non è ribelle. Essa al contrario usa il principale de’ suoi diritti, ch’è quello di riagire contro la violenza. Tal è l’indole del contratto sociale. Ma, ammessa la strana idea che contro i princípi del gius pubblico si volessero considerare ribelli i patrioti, perché Ruffo si induce a capitolare, quel Ruffo ch’era un plenipotenziario del re? Essendo egli entrato in trattato, egli riconobbe una potenza ne’ patrioti. E questa potenza scomparisce, quando si viene all’esecuzione? Da cotesto assurdo come se ne sviluppano gli avvocati della causa della tirannia? Nel solo interesse del despota dunque, nel suo capriccio si può trovare la ragione della violazione del piú solenne de’ patti: e tale è il carattere del potere arbitrario.

Gl’inglesi, che si obbligarono co’ generali delle altre potenze di far osservare il trattato; gl’inglesi, che disponevano della volontá del re di Sicilia, il quale in tutti gli affari dipendeva da’ loro cenni, potevano garantire il patto, potevano opporsi alla violazione la piú manifesta del gius delle genti: ma pretendere ciò da’ vili isolani, da quelle anime metalliche, sarebbe lo stesso che domandare lealtá dalla volpe. Gl’inglesi da otto anni vie piú hanno cancellate in tutte le loro azioni le tracce della giustizia universale, ed hanno commessi quelli attentati e quei tratti di perfídia ch’erano degni di Attila. Il furto della flotta olandese, l’alleanza sulle coste della Siria di Achmet, il supplizio del gran Volstonn e di altri bravi irlandesi, gli ostacoli opposti alla esecuzione del trattato conchiuso tra Kléber e la Porta ottomana, non sono bastanti testimonianze della loro cattiva fede e barbarie?

Nelson, che tenea Ferdinando prigioniero al suo bordo e che era circondato da’ legni de’ capitolati che doveano far vela, abbagliato dall’oro di Sicilia e dal pomposo titolo offertogli di duca di Bronte, ardí di rispondere a’ patrioti stessi, allorché si dolsero dell’indugio della loro partenza convenuta nella capitolazione, ardí di rispondere che «al re si apparteneva di premiare il merito e di punire i delitti de’ suoi sudditi». Crudele pirata! se l’intrepido Fox ha invano declamato nel parlamento di Londra contro la tua nera perfídia, non creder giá che il ducato di Bronte e l’oro e le gemme de’ despoti, delle quali fai una impudente pompa, t’involeranno all’esecrazione del genere umano ed all’infamia che i posteri imparziali spargeranno sulla tua abbominevole memoria.