Pagina:Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Laterza, 1913.djvu/65

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ix - finanze 55


Le municipalitá presso di noi avevano molti fondi pubblici, che le stesse popolazioni amministravano, la rendita de’ quali serviva a pagare i pubblici pesi. Molti altri ve n’erano, sotto nome di «luoghi pii», addetti alla pubblica beneficenza, fin da que’ tempi ne’ quali la sola religione, sotto nome di «caritá», potea indurre gli uomini a far un’opera utile a’ loro simili ed il solo nome di un santo potea raffrenar gli europei ancora barbari dall’usurparli. Mille abusi ivi erano, e nell’oggetto e nell’amministrazione di tali fondi; ma essi intanto formavano parte della ricchezza nazionale, ed il privarne la nazione, senza che altronde avesse avuto niun accrescimento di arti e di commercio onde supplirvi, era lo stesso che impoverirla. Il tempo, che tutt’i mali riforma meglio dell’uomo, avrebbe corretto anche questo.

Una parte di questi fondi pubblici fu occupata dalla corte, e questo non fu il maggior male; l’altra, sotto pretesto di essere male amministrata dalle popolazioni, fu fatta amministrare dalla Camera de’ conti e da un tribunale chiamato «misto», ma che, nella miscela de’ suoi subalterni, tutt’altro avea che gente onesta. L’amministrazione dalle mani delle comuni passò in quelle de’ commessi di questi tribunali, i quali continuarono a rubare impunemente, e tutto il vantaggio, che dalle nuove riforme si ritrasse, fu che si rubò da pochi, dove prima si rubava da molti; si rubò dagli oziosi, dove prima si rubava dagl’industriosi; il danaro fu dissipato tra i vizi ed il lusso della capitale, dove che prima s’impiegava nelle province; la nazione divenne piú povera, e lo Stato non divenne piú ricco.

Lo stesso era avvenuto per i fondi allodiali e gesuitici1. Tutto nel regno di Napoli tendeva alla concentrazione di tutt’i rami di amministrazione in una sola mano. Ma questa mano, non potendo tutto fare da sé, dovea per necessitá servirsi di

  1. Ecco un esempio della dissipazione che vi era nell’amministrazione di tali beni. I gesuiti in Sicilia, quando furono espulsi, possedeano fondi, i quali nel primo anno dell’amministrazione regia diedero centocinquantamila ducati di rendita, nel secondo anno ne diedero settantamila, nel terzo quarantamila: ed a questa ragione furono calcolati allorché si vendettero. Ab uno disce omnes.