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Il ragazzo gettò un grido acuto e rimase inchiodato al suo posto.

L’uomo si voltò, lo guardò un momento, gittò un grido anch’egli: - Cicillo! - e si slanciò verso di lui.

Il ragazzo cadde fra le braccia di suo padre, soffocato. Le suore, gl’infermieri, l’assistente accorsero, e rimasero lì, pieni di stupore.

Il ragazzo non poteva raccogliere la voce.

- Oh Cicillo mio! - esclamò il padre, dopo aver fissato uno sguardo attento sul malato, baciando e ribaciando il ragazzo. - Cicillo, figliuol mio, come va questo? T’hanno condotto al letto d’un altro. E io che mi disperavo di non vederti, dopo che mamma scrisse: l’ho mandato. Povero Cicillo! Da quanti giorni sei qui? Com’è andato questo imbroglio? Io me la son cavata con poco. Sto bene in gamba, sai! E la mamma? E Concettella? E ’u nennillo, come vanno? Io me n’esco dall’ospedale. Andiamo dunque. O signore Iddio! Chi l’avrebbe mai detto!

Il ragazzo stentò a spiccicar quattro parole per dar notizie della famiglia. - Oh come sono contento! - balbettò. - Come sono contento! Che brutti giorni ho passati! E non rifiniva di baciar suo padre.

Ma non si muoveva.

- Vieni dunque - gli disse il padre. - Arriveremo ancora a casa stasera. Andiamo. - E lo tirò a sé.

Il ragazzo si voltò a guardare il suo malato.

- Ma... vieni o non vieni? - gli domandò il padre, stupito.

Il ragazzo diede ancora uno sguardo al malato, il