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l’asilo infantile 201

chiudendo la bocca, come per domandare la cioccia. Uno le offerse uno spicchio d’arancia morsicchiato, un altro una crostina di pane, una bimba le diede una foglia; un’altra bimba le mostrò con grande serietà la punta dell’indice dove, a guardar bene, si vedeva un gonfiettino microscopico, che s’era fatto il giorno prima toccando la fiammella della candela. Le mettevan sotto gli occhi, come grandi meraviglie, degl’insetti piccolissimi, che non so come facessero a vederli e a raccoglierli, dei mezzi tappi di sughero, dei bottoncini di camicia, dei fiorellini strappati dai vasi. Un bambino con la testa fasciata, che voleva esser sentito a ogni costo, le tartagliò non so che storia d’un capitombolo, che non se ne capì una parola; — un altro volle che mia madre si chinasse, e le disse nell’orecchio: — Mio padre fa le spazzole. — E in quel frattempo accadevano qua e là mille disgrazie, che facevano accorrere le maestre: bambine che piangevano perchè non potevano disfare un nodo del fazzoletto, altre che si disputavano a unghiate e a strilli due semi di mela, un bimbo che era caduto bocconi sopra un panchettino rovesciato, e singhiozzava su quella rovina, senza potersi rialzare.

Prima d’andar via, mia madre ne prese in braccio tre o quattro, e allora accorsero da tutte le parti per farsi pigliare, coi visi tinti di torlo d’ovo e di sugo d’arancia, e chi a afferrarle le mani, chi a prenderle un dito per veder l’anello, l’uno, a tirarle la catenella dell’orologio, l’altro a volerla acchiappare per le trecce. — Badi, — dicevano le maestre, — che le sciupan tutto il vestito. — Ma a mia madre non importava nulla del vestito, e continuò a baciarli, e quelli sempre più a ser-