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226 aprile

d’applausi, rimasero lì tutti e tre, che non osavano più nè guardare nè muoversi. Un usciere municipale li spinse accanto al tavolo, a destra.

Tutti stettero zitti un momento, e poi un’altra volta scoppiarono gli applausi da tutte le parti. Il ragazzo guardò su alle finestre e poi alla loggia delle Figlie dei militari; teneva il cappello fra le mani, sembrava che non capisse bene dove fosse. Mi parve che somigliasse un poco a Coretti, nel viso; ma più rosso. Suo padre e sua madre tenevan gli occhi fissi sul tavolo.

Intanto tutti i ragazzi di borgo Po, che eran vicini a noi, si sporgevano avanti, facevano dei gesti verso il loro compagno per farsi vedere, chiamandolo a voce bassa: - Pin! Pin! Pinot! - A furia di chiamarlo si fecero sentire. Il ragazzo li guardò, e nascose il sorriso dietro il cappello.

A un dato punto tutte le guardie si misero sull’attenti.

Entrò il Sindaco, accompagnato da molti signori.

Il Sindaco, tutto bianco, con una gran sciarpa tricolore, si mise al tavolino, in piedi; tutti gli altri dietro e dai lati.

La banda cessò di suonare, il Sindaco fece un cenno, tutti tacquero.

Cominciò a parlare. Le prime parole non le intesi bene; ma capii che raccontava il fatto del ragazzo. Poi la sua voce s’alzò, e si sparse così