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248 maggio

del mare. La città gli pareva infinita; gli pareva che si potesse camminar per giornate e per settimane vedendo sempre di qua e di là altre vie come quelle, e che tutta l’America ne dovesse esser coperta. Guardava attentamente i nomi delle vie: dei nomi strani che stentava a leggere. A ogni nuova via, si sentiva battere il cuore, pensando che fosse la sua. Guardava tutte le donne con l’idea di incontrare sua madre. Ne vide una davanti a sé, che gli diede una scossa al sangue: la raggiunse, la guardò: era una negra. E andava, andava, affrettando il passo. Arrivò a un crocicchio, lesse, e restò come inchiodato sul marciapiede. Era la vita delle Arti. Svoltò, vide il numero 117, la bottega del cugino era al numero 175. Affrettò ancora il passo, correva quasi; al numero 171 dovette fermarsi per riprender respiro. E disse tra sé: - O madre mia! madre mia! È proprio vero che ti vedrò a momenti! - Corse innanzi, arrivò a una piccola bottega di merciaio. Era quella. S’affacciò. Vide una donna coi capelli grigi e gli occhiali.

- Che volete, ragazzo? - gli domandò quella, in spagnuolo.

- Non è questa, - disse il ragazzo, stentando a metter fuori la voce, - la bottega di Francesco Merelli?

Francesco Merelli è morto, - rispose la donna in italiano.