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I POVERI 51

do un soldo a un mendico, ed egli mi dice: - Dio conservi la salute a lei e alle sue creature! - tu non puoi comprendere la dolcezza che mi danno al cuore quelle parole, la gratitudine che sento per quel povero. Mi par davvero che quel buon augurio debba conservarsi in buona salute per molto tempo, e ritorno a casa contento, e penso: Oh! quel povero m’ha reso assai più di quanto gli ho dato! Ebbene, fa ch’io senta qualche volta quel buon augurio provocato, meritato da te; togli tratto tratto un soldo dalla tua piccola borsa per lasciarlo cadere nella mano d’un vecchio senza sostegno, d’una madre senza pane, d’un bimbo senza madre. I poveri amano l’elemosina dei ragazzi perché non li umilia, e perché i ragazzi, che han bisogno di tutti, somigliano a loro: vedi che ce n’è sempre intorno alle scuole, dei poveri. L’elemosina d’un uomo è un atto di carità; ma quella d’un fanciullo è insieme un atto di carità e una carezza; capisci? È come se dalla sua mano cadessero insieme un soldo e un fiore. Pensa che a te non manca nulla, che a loro manca tutto; che mentre tu vuoi esser felice, a loro basta di non morire. Pensa che è un orrore che in mezzo a tanti palazzi, per le vie dove passan carrozze e bambini vestiti di velluto, ci siano delle donne, dei bimbi che non hanno da mangiare. Non aver da mangiare, Dio mio! Dei ragazzi come te, buoni come te, intelligenti come te, che in mezzo a una grande città non han da mangiare, come belve perdute in un deserto! Oh mai più, Enrico, non passare mai più davanti a una madre che méndica senza metterle un soldo nella mano!

Tua Madre.