Pagina:Cuore infermo.djvu/79

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Parte seconda 79

— Sono accesi tutti i lumi nel salone?

— Sì, Eccellenza.

— Benissimo. Dite al signor duca che ora lo raggiungo.

Infatti, dopo cinque minuti ella attraversò la camera sua, due salottini oscuri e schiuse la porta del salone tutto illuminato. Marcello era in piedi, presso un tavolino. Si voltò vivamente al rumore; ma scorgendo la moglie si arretrò d’un passo, turbato, smorto, con la voce che gli si soffocava nella gola.

Beatrice era vestita pel grande ballo in costume che dava quella sera la colonia italiana. Indossava l’abito della gran dama del cinquecento, la moda artistica e ricca che fece irresistibili le belle italiane del Rinascimento. Era di una stoffa preziosa, di un broccato dal fondo giallo, ricamato a grandi fiori di un roseo acceso; una stoffa forte, ma pieghevole, che formava linee larghe e nobili; il busto lungo, scollato profondamente in quadrato, con una trina antica ingiallita che ne orlava la scollatura, con le maniche strettissime sino al polso, non aveva altro ornamento che la perfezione dell’attillatura. La gonna si slargava appena, rialzata e sostenuta sul lato destro da una borsa in trama d’oro lasciando vedere un poco della sottogonna in raso bianco, e liberandosi poi in uno strascico lunghissimo. Al collo nudo un monile d’oro antico, con rubini e topazi; sui capelli bruni, rialzati e pettinati secondo il gusto dell’epoca, un diadema ducale, alto, tempestato di rubini e di topazi. E più nulla. Una semplicità magnifica. Ma nella luce dei candelabri moltiplicata da quella degli specchi, il giallo del broccato diventava oro, il roseo dei fiori, anzichè smorzarsi, si caricava di colore e sembrava un incarnato vivo: l’oro era rutilante, il roseo dei fiori era fiamma, l’intiero vestito era il trionfo dei due colori