Pagina:D'Annunzio - Canti della guerra latina, 1939.djvu/89

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Uno dei canti epici più belli racconta come Marco di Prìlipa giovinetto sia chiamato ad aggiudicare l’impero fra i contendenti. «Re Vucàssino dice: è mio. Uliesa despoto: no, gli è mio. Il voivoda Goico: no, ch’è mio.» Il giustissimo eroe lo aggiudica a quello che è da lui reputato legittimo erede. «Il libro dice: ad Urosio l’impero.»

Le Vile sono una sorta di deità che abitano i gioghi, i boschi, le fiumane. Vengono a soccorrere, a incitare, a consolare, a medicare i combattenti. Cavalcano sopra le nubi, sul crine dei monti, danzano sopra lance rizzate; annunziano, predicono, ammoniscono.

Sempre ebbero grande animo le donne serbe. Anche oggi combattono a piedi e a cavallo, come combatteva Ljùbiza, la moglie di Milosio Obrenovic; la quale rincuorò il marito che per lei «dalla fuga volò sùbito alla vittoria»; e sempre di poi ella «col vigore proprio accendeva lo spento coraggio de’ suoi».

Le patrizie veneziane Anna Dandolo (1217-1221) e Costanza Morosini (1321) furono regine di Serbia: e il patrizio fiorentino Esaù de’ Buondelmonti (1386-1403) sposò una donzella della Stirpe regia di Orosia.