Pagina:D'Annunzio - Canti della guerra latina, 1939.djvu/95

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né, travaglio dell’orrido beccaio
che pesta e insacca, furon carne trita
da rempiere la gola del mortaio
40ammutolita;
 
né, dato in brocca il fulmine coperto
contro il nemico enorme, solitaria
vider l’elice folle in cima all’erto
scafo nell’aria
 
45e irsuta l’onda, delle mille braccia
invan tese da un sol terrore urlante,
prima d’inabissarsi senza traccia
presso il gigante.
 
Ma l’insidia li colse, ma l’agguato
50li pigliò, nell’immensa albàsia eguale:
ruppe il fianco, la piaga nel costato
aprì, mortale;
 
di sùbito colcò pel sonno eterno
la bella nave, dandole carena
55come a racconcio, sotto il lungo scherno
della sirena;