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ingannare l’accusa. I pensieri e i fantasmi del recente pomeriggio d’amore lo distraevano, l’occupavano.

Alla fine Donna Clarra aperse li occhi lenti, con fatica. Non disse nulla, alle domande non rispose che con un leggero abbassamento delle palpebre e con un sorriso vanente. La vista di quei due non l’aveva sollevata; anzi una vena di amarezza le saliva ora per l’anima, poichè le pareva di essere stata per troppo tempo abbandonata da loro. Ella il giorno aveva udito giù nel viale ridere Francesca, parlare Gustavo, e quindi perdersi lo scalpitì o dei cavalli pe’l lontano. Era rimasta sola; era dopo poco entrata Eva correndo.

— Senti, Eva buona; apri quella finestra.

La bimba aveva presa un’aria grave d’infermiera. Non arrivava ad aprire, anche ergendosi sulla punta dei piedi.

— Chiama Susanna. Tu non puoi.

— Oh, nonna grande, che dici?

Ed aveva trascinata una sedia nel vano della finestra per montarci sopra ed aprire. Ella aprì. La nonna la guardava sorridendo: la bimba aveva una grazia agile di capretta che tenti l’erta della siepe, avvolta nella polvere lucida che saliva dal pavimento, nuda le piccole braccia.

Dalla finestra semiaperta erano passati i soffi