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168 il libro delle vergini



II.


La chiesa stava in fondo a una strada protetta da querci che avevano una gravità di patriarchi ed una età di numi. Di fuori, li scrostamenti dell’intonaco lasciavano vedere il mattone rossastro; si aprivano ai lati le finestre semilunari. Su la cuspide ottusa della facciata una croce di ferro tendeva le braccia. Era una chiesa di architettura semplice e rude, simile a quelle che i fanciulli con poche linee tracciano su i margini dei libri odiosi. Si affacciavano attorno su la piazza le case dei coloni, i cumuli alti di paglia secca. Io conservo ancora un’impressione di colore: le pignatte di terracotta vermiglia su certi fusti d’albero contorti altissimi in quel cielo di un azzurro così spirituale. Ed ho ancora dinanzi la faccia cava di quella femmina malata che ci tese la mano per l’elemosina su la porta. Una faccia d’una tinta indefinibile, dove di vivo non restavano che due occhi tristamente glauchi di rospo solitario, nell’ombra di un fazzoletto nero a piccoli fiori gialli legato sotto il